a) Atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni

Ai sensi degli artt. 1130, primo comma, n. 4), e 1131 cod. civ., l’amministratore del condominio è legittimato, senza necessità di una specifica deliberazione assembleare, ad agire in giudizio, nei confronti dei singoli condomini e dei terzi, per compiere atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni di un edificio, ivi compresa la richiesta delle necessarie misure cautelari (nella specie, la S.C. ha respinto il ricorso contro la sentenza di merito che aveva ritenuto valida la procura alle liti conferita dall’amministratore di condominio ad un avvocato, senza previa autorizzazione dell’assemblea, affinché proponesse un ricorso ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ. per impedire ai condomini l’uso della rampa garage e dell’autorimessa, dopo che i vigili del fuoco ne avevano accertato l’inidoneità all’uso per motivi di sicurezza). * Cass. civ., sez. II, 1 ottobre 2008, n. 24391.

La legittimazione dell’amministratore, quale è prevista dall’art. 1130 c.c. per gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio, non si estende oltre i limiti delle domande dirette al ripristino delle parti comuni nel loro normale stato e non comprende, quindi, la domanda di risarcimento dei danni conseguenti al deprezzamento delle parti comuni dell’immobile che, non essendo diretta alla conservazione dell’immobile, resta nella esclusiva disponibilità dei singoli condomini. * Cass. civ., sez. II, 16 aprile 1992, n. 4679.

Il potere-dovere di «compiere atti conservativi», riconosciuto all’amministratore di condominio ex artt. 1130 e 1131 c.c. si riflette, sul piano processuale, nella facoltà di chiedere non soltanto le necessarie misure cautelari (avuto riguardo a tutti gli atti diretti a conservare l’esistenza delle parti comuni), ma anche il risarcimento dei danni, qualora l’istanza appaia connessa con la conservazione dei diritti sulle parti comuni, e risulti consequenziale all’impedimento frapposto alla tempestiva esecuzione di quanto legittimamente richiesto (nella specie, domanda, ex art. 700 c.p.c., di passaggio su fondo finitimo per l’esecuzione di indifferibili lavori di manutenzione dei muri perimetrali del fabbricato), senza che assuma rilievo, in contrario, né la circostanza che la vertenza sia stata introdotta con ricorso ex art. 700 c.p.c., né che il ricorso stesso sia stato presentato da un precedente amministratore privo dell’autorizzazione dell’assemblea dei condomini. * Cass. civ., sez. II, 22 ottobre 1998, n. 10474.

L’amministratore di un condominio è legittimato ad agire (art. 1130, n. 4, c.c.), senza necessità di autorizzazione dell’assemblea, per conservare l’uso di un bene comune conforme alla sua funzione e originaria destinazione, come nel caso di azione avverso l’escavazione del sottosuolo (bene comune, anche per la funzione di sostegno dell’edificio, in mancanza di titolo attributivo della proprietà esclusiva) effettuata da alcuni condomini, proprietari di locali sotterranei, per l’ampliamento e unificazione degli stessi. * Cass. civ., sez. II, 30 dicembre 1997, n. 13102.

b) Autorizzazione assembleare

L’amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all’assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell’art. 1131, secondo e terzo comma, c.c., può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione. * Cass. civ., Sezioni Unite, 6 agosto 2010, n. 18331.

La delibera condominiale con la quale si autorizza l’amministratore a promuovere un giudizio vale per tutti i gradi del giudizio stesso e conferisce quindi, implicitamente, la facoltà di proporre ogni genere di impugnazione, compreso il ricorso per cassazione. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto regolarmente conferito il mandato al difensore, ai fini del ricorso per cassazione, da parte di un amministratore di condominio, la cui legittimazione processuale non era stata mai contestata nei gradi di merito). * Cass. civ., sez. V, 4 febbraio 2010, n. 2584.

L’amministratore del condominio non è legittimato, senza autorizzazione dell’assemblea, ad intraprendere azioni non conservative, quale quella volta ad ottenere l’equa riparazione del danno per violazione del termine ragionevole di durata del processo, ai sensi della L. n. 89 del 2001. * Cass. civ., sez. I, 11 dicembre 2009, n. 25981.

Il verbale con cui l’assemblea condominiale attribuisce all’amministratore l’incarico di promuovere un giudizio per far valere una pretesa assegnata ai singoli condomini dai rispettivi atti di acquisto, integra gli estremi dell’atto scritto richiesto dall’art. 77 cod. proc. civ. per il valido conferimento della rappresentanza processuale, senza che sia necessario che la sottoscrizione del verbale stesso sia autenticata da notaio. I poteri conferiti all’amministratore del condominio con detta delibera concernono la posizione di tutti i condomini, non essendo consentito discriminare, quanto agli effetti conseguiti, la posizione di coloro che non abbiano partecipato all’assemblea o non abbiano espresso voto conforme alla volontà della maggioranza. * Cass. civ., sez. II, 11 marzo 1988, n. 2401.

Le azioni reali nei confronti dei terzi, a difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni di un edificio (nella specie, azione di rivendica), tendono a statuizioni relative alla titolarità ed al contenuto dei diritti medesimi ed esulando, pertanto, dall’ambito degli atti meramente conservativi (art. 1130, n. 4, c.c.), possono essere proposte dall’amministratore del condominio solo se regolarmente autorizzato dall’assemblea, ai sensi dell’art. 1131 c.c., con la maggioranza indicata dal secondo comma, dell’art. 1136 c.c. * Cass. civ., sez. II, 24 aprile 1993, n. 4856.

L’amministratore di condominio non è legittimato ad agire per il riconoscimento dei diritti dei condomini su un locale, proponendo, sostanzialmente, un’azione di rivendica dell’immobile nei confronti del terzo che assume di averlo validamente acquistato, contestandone la natura di bene condominiale come rimedio conservativo, rientrante nei normali poteri dell’amministratore, avendo invece natura reale a contenuto equivalente all’azione di rivendica, la cui proposizione deve essere autorizzata dall’assemblea condominiale. * Cass. civ., sez. II, 28 gennaio 1998, n. 840.

La deliberazione condominiale, con la quale si autorizza la amministrazione a promuovere un giudizio, vale per tutti i gradi dello stesso, con implicito conferimento, quindi, della facoltà di proporre impugnazione, né il mutamento della persona dell’amministratore, in corso di causa, ha incidenza sul rapporto processuale che, in ogni caso, sia dal lato attivo che da quello passivo, resta riferito al condominio che opera, nell’interesse comune dei partecipanti, attraverso il proprio organo rappresentativo unitario, senza bisogno del conferimento dei poteri rappresentativi per ogni grado e fase del giudizio. * Cass. civ., sez. II, 10 febbraio 1987, n. 1416.

In base al disposto degli artt. 1130 e 1131 c.c. l’amministratore del condominio è legittimato ad agire in giudizio per l’esecuzione di una deliberazione assembleare o per resistere all’impugnazione di una delibera da parte del condomino senza la necessità di una specifica autorizzazione assembleare trattandosi di una controversia che rientra nelle sue normali attribuzioni. * Cass. civ., sez. II, 15 maggio 1998, n. 4900.

L’amministratore è legittimato, senza necessità di autorizzazione dell’assemblea dei condomini, ad instaurare il giudizio per la demolizione della sopraelevazione dell’ultimo piano dell’edificio, costruita dal condomino in violazione delle prescrizioni e delle cautele fissate dalle norme speciali antisismiche, ovvero alterando l’estetica della facciata dell’edificio, perché tale atto, diretto a conservare l’esistenza delle parti comuni condominiali, rientra negli atti conservativi dei diritti, che, ai sensi dell’art. 1130, n. 4, c.c. è attribuito all’amministratore. * Cass. civ., sez. II, 12 ottobre 2000, n. 13611.

La rappresentanza processuale dell’amministratore del condominio dal lato passivo ai sensi del secondo comma dell’art. 1131 c.c., non incontra limiti quando le domande proposte contro il condominio riguardino le parti comuni dell’edificio, con la conseguenza che l’amministratore non necessita di alcuna autorizzazione dell’assemblea per resistere in giudizio e per proporre le impugnazioni che si rendessero necessarie, compreso il ricorso per cassazione, in relazione al quale è legittimato a conferire la procura speciale all’avvocato iscritto nell’apposito albo speciale a norma dell’art. 365 c.p.c. * Cass. civ., sez. II, 15 marzo 2001, n. 3773.

L’amministratore è legittimato, senza necessità di autorizzazione dell’assemblea dei condomini, a promuovere azione di reintegrazione avverso la sottrazione, ad opera di taluno dei condomini, di una parte comune dell’edificio al compossesso di tutti i condomini, perché tale azione, essendo diretta a conservare l’esistenza delle parti comuni condominiali, rientra tra le attribuzioni dell’amministratore ex art. 1130, n. 4, c.c. * Cass. civ., sez. II, 3 maggio 2001, n. 6190.

Dal combinato disposto degli artt. 1130 e 1131 primo comma c.c. si evince che, al di fuori delle ipotesi di maggiori poteri attribuitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministratore può agire in giudizio senza che occorra un’apposita autorizzazione solo nell’ambito delle attribuzioni conferitegli dalla legge – e propriamente dall’art. 1130 – le quali concernono in generale l’amministrazione ordinaria e, per quanto attiene specificamente ai lavori e alle opere relative alle parti comuni dell’edificio condominiale, soltanto quelli rientranti nella cosiddetta manutenzione ordinaria. Ne consegue che la rappresentanza processuale attiva del condominio, anche in assenza di una apposita deliberazione dell’assemblea dei condomini, per le controversie nascenti da un contratto di appalto non può farsi discendere dal solo fatto che l’amministratore abbia stipulato in nome e per conto del condominio il contratto cui la controversia si riferisce, anche se l’oggetto di esso ecceda le sue normali attribuzioni come conferitegli dalla legge, ove non risulti che la stipulazione del contratto stesso sia stata autorizzata o comunque approvata mediante ratifica dall’assemblea dei condomini. * Cass. civ., sez. II, 22 novembre 1990, n. 11272.

L’amministratore di condominio non è, nelle controversie non rientranti tra quelle che può autonomamente proporre ai sensi del primo comma dell’art. 1131 c.c., legittimato a resistere in giudizio per il condominio senza autorizzazione dell’assemblea, atteso che ratio del secondo comma dello stesso articolo – che consente di convenire in giudizio l’amministratore per qualunque sanzione concernente le parti comuni dell’edificio è soltanto favorire il terzo il quale voglia iniziare un giudizio nei confronti del condominio, consentendogli di notificare la citazione al solo amministratore anziché citare tutti i condomini, mentre nulla, nella stessa norma, giustifica la conclusione secondo cui l’amministratore sarebbe anche legittimato a resistere in giudizio senza essere a tanto autorizzato dall’assemblea. Considerato, inoltre, che la cosiddetta autorizzazione dell’assemblea a resistere in giudizio in sostanza non è che un mandato all’amministratore a conferire la procura ad litem al difensore che la stessa assemblea ha il potere di nominare, onde, in definitiva, l’amministratore non svolge che una funzione di mero nuncius tale autorizzazione non può valere che per il grado di giudizio in relazione al quale viene rilasciata. * Cass. civ., sez. II, 26 novembre 2004, n. 22294-

c) Cessazione della rappresentanza

La cessazione della rappresentanza prevista dall’art. 299 cod. proc. civ., quale causa d’interruzione del processo, riguarda le ipotesi di rappresentanza legale e non di quella volontaria e, pertanto, nel giudizio di cui sia parte un condominio edilizio la morte del suo amministratore, che ne ha la rappresentanza volontaria, non comporta l’interruzione del processo. Conseguentemente, ove ciò nonostante il processo sia stato dichiarato interrotto, l’atto di riassunzione è ritualmente notificato al condominio presso il procuratore per esso costituito. * Cass. civ., sez. II, 23 dicembre 1987, n. 9628.

d) Chiamata in garanzia di un terzo

L’amministratore del condominio di edificio, convenuto con azione concernente le parti comuni (nella specie actio negatoria servitutis), non è legittimato alla chiamata in garanzia di un terzo, ove tale chiamata trovi fondamento in rapporti contrattuali intervenuti fra il terzo medesimo ed i singoli condomini (nella specie, i contratti di vendita degli appartamenti dell’edificio), e, quindi, esorbitanti dai limiti della sua rappresentanza processuale attiva, secondo i criteri fissati dall’art. 1131, primo comma, c.c. * Cass. civ., sez. II, 10 novembre 1976, n. 4132.

e) Contestazione della legittimazione

Con riguardo all’azione giudiziaria proposta dall’amministratore di condominio in rappresentanza dei partecipanti, nell’ambito dei poteri a lui spettanti in base al disposto degli artt. 1130 e 1131 cod. civ., la contestazione della legittimazione dell’amministratore stesso, sotto il profilo dell’esistenza di una disposizione del regolamento condominiale derogativa delle suddette norme, postula che venga allegato e provato il contenuto di detta disposizione davanti al giudice del merito, e, pertanto, non può essere sollevata per la prima volta in sede di legittimità. * Cass. civ., sez. II, 27 luglio 1983, n. 5160.

La parte che, dopo avere agito nei confronti di un condominio nella persona dell’amministratore, ne contesta il potere di rappresentanza per dedurre l’inammissibilità del ricorso per cassazione da questo proposto, ha l’onere di fornire la prova della sua eccezione, concretandosi questa nell’allegazione di un fatto estintivo o modificativo dell’incarico che non può essere presunto dal mero decorso dell’anno di durata di questo (incarico), atteso che la disposizione dell’art. 1129 c.c., secondo la quale l’amministratore nel condominio degli edifici dura in carica un anno, non sancisce una decadenza ope legis e non esclude, pertanto, né la tacita riconferma di anno in anno, per effetto della mancata nomina di altro amministratore, né la proroga dei poteri di rappresentanza dell’amministratore fino alla sua sostituzione con altro amministratore da parte dell’assemblea dei condomini o del giudice. * Cass. civ., sez. II, 24 gennaio 1994, n. 705.

f) Diritto di querela

Individuare nell’amministratore, alla stregua degli artt. 75 cod. proc. civ., e 36 cod. civ., il soggetto legittimato ad esercitare il diritto di querela per conto del condominio, non importa anche che la sua legittimazione debba essere integrata da un’autorizzazione assembleare o da una procura rilasciata dai condomini.

g) In genere

Configurandosi il condominio come un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, l’esistenza di un organo rappresentativo unitario, quale l’amministratore, non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa degli interessi, esclusivi e comuni, inerenti all’edificio condominiale, con la conseguenza che essi sono legittimati ad impugnare personalmente, anche in cassazione, la sentenza sfavorevole emessa nei confronti della collettività condominiale ove non vi provveda l’amministratore; in tali casi, tuttavia, il gravame deve essere notificato anche all’amministratore, persistendo la legittimazione del condominio a stare in giudizio nella medesima veste assunta nei pregressi gradi, in rappresentanza di quei partecipanti che non hanno assunto individualmente l’iniziativa di ricorrere in cassazione. * Cass. civ., sez. III, 18 febbraio 2010, n. 3900.

Nel condominio d’edifici, il principio, secondo cui l’esistenza dell’organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione, né, quindi, del potere di intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata legittimamente assunta dall’amministratore e di avvalersi dei mezzi d’impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti del condominio, non trova applicazione relativamente alle controversie che, avendo ad oggetto non diritti su un servizio comune ma la sua gestione, sono intese a soddisfare esigenze soltanto collettive della comunità condominiale o l’esazione delle somme dovute in relazione a tale gestione da ciascun condomino; pertanto, poiché in tali controversie non vi è correlazione immediata con l’interesse esclusivo di uno o più partecipanti, bensì con un interesse direttamente collettivo e solo mediatamente individuale al funzionamento e al finanziamento corretti dei servizi stessi, la legittimazione ad agire e ad impugnare spetta esclusivamente all’amministratore, sicché la mancata impugnazione della sentenza da parte di quest’ultimo esclude la possibilità per il condomino di impugnarla. * Cass. civ., sez. II, 4 maggio 2005, n. 9213.

h) Legittimazione attiva

Devono trasmettersi gli atti al Primo Presidente della Corte di cassazione, affinché valuti se vi siano le condizioni per l’assegnazione alle Sezioni unite della questione relativa alla possibilità di far discendere dall’art. 1130, n. 1, c.c. – che prevede l’obbligo dell’amministratore di eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condòmini – anche la possibilità per il medesimo di costituirsi, senza autorizzazione dell’assemblea, in un giudizio volto all’annullamento di una delibera dell’assemblea stessa. * Cass. civ., sez. II, 21 dicembre 2010, n. 25877.

L’amministratore del condominio è legittimato senza la necessità di una specifica deliberazione assembleare, ad agire in giudizio nei confronti dei singoli condomini e dei terzi al fine di:

a) eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini;

b) disciplinare l’uso delle cose comuni così da assicurare il godimento a tutti i partecipanti al condominio;

c) riscuotere dai condomini i contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea;

d) compiere gli atti conservati dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio. * Cass. civ., sez. II, 15 dicembre 1999, n. 14088.

L’obbligo di comunicazione imposto all’amministratore del condominio dal comma 3 dell’art. 1131 c.c., rilevante solo all’interno del rapporto tra la collettività dei condomini e l’amministratore stesso, come non incide sulla deducibilità e rilevabilità d’ufficio della carenza di legittimazione passiva del condominio convenuto in persona dell’amministratore con citazione il cui contenuto esorbita dalle funzioni di quest’ultimo, così non rileva ai fini della legittimazione attiva dell’amministratore, la quale, ai sensi dell’art. 1130 e del comma 1 dell’art. 1131 c.c., va verificata in base all’inclusione della tutela giurisdizionale richiesta nei limiti delle normali attribuzioni dell’amministratore quali stabilite dalla legge o dal regolamento di condominio, o alla sua eccedenza dai detti limiti, nel quale caso è necessaria l’autorizzazione dell’assemblea o il mandato espresso dei condomini.

L’amministratore di un condominio è legittimato, anche in assenza di qualsivoglia autorizzazione dell’assemblea, a proporre l’azione di reintegrazione relativa a parti comuni dell’edificio, azione che, rientrando nel novero degli atti conservativi, non necessita, giusta disposto dell’art. 1131 n. 4, della detta autorizzazione.

Per il disposto degli artt. 1130 e 1131 c.c. l’amministratore del condominio ha la legittimazione di agire in giudizio, nei confronti del condomino moroso per la riscossione dei contributi, senza necessità di autorizzazione da parte dell’assemblea, rilevando l’esistenza o meno di uno stato di ripartizione delle spese approvato dall’assemblea soltanto in ordine alla fondatezza della domanda, con riferimento all’onere probatorio a suo carico.

Sussiste la legitimatio ad causam e ad processum dell’amministratore del condominio, senza bisogno di alcuna autorizzazione, allorquando egli agisca a tutela di beni condominiali, giacché i poteri gli vengono direttamente dalla legge e precisamente dall’art. 1130, n. 4 del cod. civ. che gli pone addirittura come dovere proprio del suo ufficio quello di compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio, potere-dovere da intendersi non limitato agli atti cautelativi ed urgenti ma esteso a tutti gli atti miranti a mantenere l’esistenza e la pienezza o integrità di detti diritti

i) Legittimazione passiva

Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’opponente ha la posizione processuale del convenuto; pertanto l’amministratore di condominio che proceda a tale opposizione non ha la necessità di essere autorizzato dall’assemblea condominiale, ai sensi dell’art. 1131, secondo comma, c.c.

La legittimazione passiva dell’amministratore del condominio a resistere in giudizio, ai sensi dell’art. 1131, comma 2, c.c., esclusiva o concorrente con quella dei condòmini, non incontra limiti e sussiste anche in ordine alle azioni di natura reale relative alle parti comuni dell’edificio

L’amministratore è legittimato a rappresentare il condominio nella controversia in cui sia impugnata la deliberazione assembleare con la quale è stato nominato, sempre che di tale deliberazione non sia stata disposta la sospensione a norma dell’art. 1137, secondo comma, c.c., quando sia fatto valere un vizio (nella specie irregolarità della convocazione per essere avvenuta ad iniziativa di un amministratore sospeso dal suo ufficio) che non determina la nullità, ma soltanto l’eventuale annullabilità della deliberazione stessa.

All’amministratore del condominio compete l’esclusiva legittimazione passiva nelle cause promosse da uno dei condomini per impugnare le deliberazioni assembleari, ove queste non attengono a diritti sulle cose comuni. In tali cause, pertanto, deve riconoscersi la capacità a deporre degli altri condomini, in quanto non portatori di un interesse che li abiliti a partecipare al giudizio.

L’amministratore del condominio è legittimato passivamente a stare in causa, senza necessità di essere autorizzato dall’assemblea, nei giudizi aventi ad oggetto la ripartizione delle spese per le cose ed i servizi comuni promossi dal condomino dissenziente dalla relativa deliberazione assembleare, in quanto la controversia ha per oggetto un interesse comune dei condomini e coinvolge l’interesse degli altri partecipanti alla comunione in antitesi con l’interesse individuale del singolo condomino. Cass. civ., sez. II, 9 agosto 1996, n. 7359

j) Qualità di avvocato dell’amministratore

L’amministratore di un condominio che sia anche abilitato all’esercizio della professione forense può agire direttamente in giudizio ai sensi dell’art. 86 c.p.c. per l’esercizio delle facoltà conferitegli dagli artt. 1130 e 1131 c.c. nell’esplicazione delle attribuzioni inerenti alla specificata sua qualità (nella specie, per la riscossione dei contributi condominiali), senza necessità di ulteriore procura. * Cass. civ., sez. II, 5 giugno 1992, n. 6947.

L’amministratore del condominio è legittimato, ex art. 1130, n. 3, cod. civ., senza necessità di deliberazione assembleare o di apposito mandato da parte dei condomini, ad agire in giudizio per riscuotere i contributi dovuti dai condomini al condominio, con la conseguenza che ove egli rivesta la qualità di avvocato può stare in giudizio, in rappresentanza di sé stesso, senza necessità di una procura alle liti. * Cass. civ., sez. II, 26 febbraio 1990, n. 1442

k) Sopravvenuta cessazione dall’incarico

Nel corso del giudizio, di cui sia parte costituita un condominio legalmente rappresentato dall’amministratore, la cessazione del rapporto di rappresentanza per dimissioni comporta l’interruzione del processo, a norma dell’art. 300 c.p.c., soltanto se e quando l’evento sia stato dichiarato in udienza, ovvero sia notificato alle altre parti dal procuratore costituito; altrimenti, il rapporto processuale prosegue senza soluzione di continuità e senza dar luogo a successione nel processo quando si costituisca in giudizio il nuovo amministratore, ed è perciò valida l’impugnazione proposta dall’amministratore dimissionario il cui potere perdura fino alla sua sostituzione. * Cass. civ., sez. II, 17 marzo 1993, n. 3159

l) Testimonianza dei condomini

La controversia promossa dall’amministratore di condominio, al quale spetta, come mandatario dei condomini, la rappresentanza degli stessi, per la riscossione dei contributi dovuti da ciascun condomino per l’utilizzazione delle cose o dei servizi comuni, configura una lite fra condomini, nella quale questi, in quanto parti, sono incapaci di testimoniare. * Cass. civ., sez. II, 16 luglio 1997, n. 6483,