La Corte di appello di Lecce, con la sentenza n. 718/2022 del 22 giugno 2022, ha offerto interessanti spunti per affrontare la questione relativa alla possibilità, in sede contrattuale, di derogare alle regole in tema di legittimazione passiva condominiale.

Il caso

La questione prende le mosse da un contratto di appalto per lavori di ristrutturazione dell’edificio condominiale in cui le parti avevano inserito una clausola in virtù della quale l’appaltatore avrebbe potuto agire esclusivamente, per soddisfare le relative pretese creditorie, nei confronti dei singoli condomini morosi e non già nei confronti del condominio unitariamente inteso.

Non avendo ricevuto la somma dovuta, l’impresa appaltatrice agiva in giudizio con ricorso per decreto ingiuntivo contro cui il condominio eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva come da clausola contrattualmente convenuta. Il Tribunale di Lecce rigettava l’opposizione del condominio che ritualmente impugnava la pronuncia dinanzi alla Corte di appello.

L’appellante ha censurato la sentenza nella parte in cui non ha accolto l’eccezione di difetto di legittimazione passiva statuendo che solo il condominio, in qualità di sottoscrittore del contratto di appalto, poteva resistere in giudizio in ossequio all’assunzione degli obblighi rivenienti dal negozio stipulato.

In secondo luogo, si doleva della pronuncia nella parte in cui ha respinto la domanda riconvenzionale ritenendo che gli assunti dell’opponente, relativi nella specie al ritardo nell’esecuzione dei lavori, non fossero stati adeguatamente provati.

La Corte di appello, accogliendo le doglianze, ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva del condominio statuendo che, in virtù della predetta clausola, l’azione di recupero del credito vantato da parte dell’impresa avrebbe dovuto essere obbligatoriamente esercitata solo ed esclusivamente nei confronti dei condomini morosi non coinvolgendo affatto i «condomini virtuosi».

Ha, inoltre, accertato che il ritardo nello svolgimento dei lavori rispetto al termine previsto per la consegna fosse imputabile esclusivamente all’impresa riconoscendo il diritto dell’appellante di conseguire il pagamento della penale per il ritardo maturato nonché la risoluzione del contratto.

Alcune osservazioni sulla pronuncia

La lettura della pronuncia suscita alcuni interrogativi.

Il primo muove dalla possibilità di derogare alla legittimazione passiva dell’amministratore di condominio, prevista dall’art. 1131, comma 2, c.c. che, secondo giurisprudenza consolidata, non incontra alcun limite in coerenza con la ratio della norma di rendere più agevole ai terzi la chiamata in giudizio del condominio (cfr. ex multis, Cass. 22886/2010Cass. 9093/2007Cass. 27447/2006Cass. 3773/2001). Ciò, tuttavia, non priva i singoli condomini della facoltà di agire o resistere a difesa dei diritti relativi all’edificio condominiale dal momento che tali poteri autonomi di azione coesistono rispetto quello che spetta ex lege all’amministratore. Dubbi sorgono, tuttavia, allorquando la deroga introdotta contrattualmente dai condomini  influisca – aggravandola – sulla posizione creditoria dell’appaltatore. Nel caso in esame, la Corte di appello ha ritenuto che quest’ultimo, già in sede di cognizione, fosse gravato dell’obbligo di chiamare in giudizio, ai fini del soddisfacimento delle sue pretese, solo i condomini morosi non potendo citare per l’intero il condominio.  Alcuna osservazione è stata condotta, tuttavia, in merito alla legittimità di tale deroga rispetto alla ratio della norma di legge ed in relazione al principio di buona fede e correttezza con riguardo al possibile aggravio processuale che l’appaltatore avrebbe subito. L’impresa appaltatrice, invero, avrebbe dovuto adire l’autorità giudiziaria per ciascun condomino moroso.

A tali riflessioni si aggiungono gli approdi della stessa giurisprudenza che ha più volte e in differenti contesti, in considerazione della scarsità del bene giustizia, censurato il frazionamento del credito quando le pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo (Cass. n. 28847/2021; Cass., ss.uu. n. 4090/2007).