Per “parcheggio” si intende ogni “area o infrastruttura posta fuori della carreggiata, destinata alla sosta regolamentata o non dei veicoli” (art. 3, n. 34 del Codice della Strada).
All’interno del condominio degli edifici, salvo titolo contrario, l’area in cui sorgono le autorimesse sono “parti comuni” (vedi, in proposito, il novellato art. 1117 codice civile).
Nel corso degli anni, i parcheggi sono stati oggetto di un numero considerevole di leggi. Se ne è risaltato il valore e la funzione: ora sotto l’aspetto privatistico (quale pertinenza degli immobili di proprietà dei condòmini), ora sotto quello pubblicistico (vedi funzione di deflazione del traffico urbano).
Tutto ha inizio con l’articolo 18 della Legge 6 agosto 1967 n. 765 (denominata legge Ponte), il quale ha integrato la legge urbanistica (n. 1150 del 1942) con l’articolo 41 sexies, disponendo che: “Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aeree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione”.
La novellata “norma urbanistica” ha posto un vincolo pubblicistico di destinazione nelle aree riservate ai parcheggi condominiali, inderogabile da parte di atti dei privati[1].
La legge 28 febbraio 1985 n. 47 (c.d. condono edilizio) ha poi precisato, in seno all’art. 26 comma 5, che “Gli spazi di cui all’art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765 costituiscono pertinenze delle costruzioni, ai sensi e per gli effetti degli artt. 817, 818 e 819 del Codice Civile”.
La norma ha destato, sul piano pratico, più di una perplessità. Dopo vari contrasti giurisprudenziali, la Cassazione[2] ha stabilito che lo ius superveniens di cui alla citata assolveva a una funzione precettiva riconducibile alla manifesta volontà della legge di considerare gli spazi per parcheggio quali pertinenze degli edifici, che non potevano essere oggetto di separati atti o rapporti giuridici.
In particolare, nel silenzio della norma – cosi convenivano gli “Ermellini” -, nulla autorizzava a ritenere che con essa si fosse voluto abolire il vincolo di destinazione non tanto nel rapporto tra pubblica amministrazione e privati (costruttori), quanto nei rapporti di diritto privato afferenti al bene oggetto di pertinenzialità.
In altri termini, la predetta pertinenzialità dei posti auto non poteva escludere il vincolo reale di destinazione degli spazi a favore dei partecipanti al condominio (secondo una prima e abbozzata, se non rudimentale idea di “diritto reale d’uso”).
Con la legge 24 marzo 1989, n. 122 (c.d. legge Tognoli) si è ulteriormente integrato l’articolo 41 sexies della legge 17.8.1942 n. 1150 in forza dell’art 2, elevando il rapporto tra tali aree e la volumetria del fabbricato ad un metro quadro per ogni dieci metri cubi di costruzione (rispetto ai venti precedenti).
L’articolo 9 della citata legge ha inoltre e soprattutto disposto che:
- “I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati, parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell’uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici [….]”;
- “L’esecuzione delle opere e degli interventi previsti dal comma 1 è soggetta a denuncia di inizio attività”;
- “Le deliberazioni che hanno per oggetto le opere e gli interventi di cui al comma 1 sono approvate salvo che si tratti di proprietà non condominiale[3] dalla assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con la maggioranza prevista dall’art. 1136, secondo comma, del codice civile. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del codice civile”[…].
- “[…] I parcheggi realizzati ai sensi del presente articolo non possono essere ceduti separatamente dall’unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale. I relativi atti di cessione sono nulli. L’esecuzione delle opere e degli interventi previsti dal comma 1° è soggetta ad autorizzazione gratuita”.
Tra le novità principali introdotte dalla legge si annovera quella della qualificazione dell’opera di costruzione di un’autorimessa condominiale come una innovazione “semplice”, cioè realizzabile con quorum deliberativo non inferiore ai cinquecento millesimi (al di là della impressa agevolazione fiscale e amministrativistica).
In punto è stato anche precisato che – siccome il citato articolo 9, comma 3, fa salvo il contenuto degli articolo 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, codice civile – detta sottrazione è consentita solo se è assicurata anche ai condomini dissenzienti la possibilità di realizzare, in futuro, nella zona del sottosuolo comune rimasta libera, un analogo parcheggio pertinenziale della propria unità immobiliare di proprietà esclusiva[4].
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[1] Vedi, tra le tante, , Cassazione civile 1221/2006
[2] Corte di Cassazione Sezioni Unite, 18 luglio 1989, n. 3363.
[3] Le parole: “salvo che si tratti di proprietà non condominiale” sono state inserite dall’art. 17, comma 90, lett. B), della legge 15 maggio 1997, n. 127.
[4] Cfr, Corte di Cassazione Sentenza n. 20254 del 18 settembre 2009.