Il Decreto ministeriale nr 236 del 1989 disciplina le condizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visibilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche.
Degno di nota, per quanto qui interesse, è il punto 8.1.14 rubricato “autorimesse”, a mente del quale: “Le autorimesse singole e collettive, ad eccezione di quelle degli edifici residenziali per i quali non è obbligatorio l’uso dell’ascensore e fatte salve le prescrizioni antincendio, devono essere servite da ascensori o altri mezzi di sollevamento, che arrivino alla stessa quota di stazionamento delle auto, ovvero essere raccordate alla quota di arrivo del mezzo di sollevamento, mediante rampe di modesto sviluppo lineare ed aventi pendenza massima pari all’8%.
Negli edifici aperti al pubblico devono essere previsti, nella misura minima di 1 ogni 50 o frazione di 50, posti auto di larghezza non inferiore a m 3.20, da riservarsi gratuitamente agli eventuali veicoli al servizio di persone disabili.
Nella quota parte di alloggi di edilizia residenziale pubblica immediatamente accessibili di cui al precedente art. 3 devono essere previsti posti auto con le caratteristiche di cui sopra in numero pari agli alloggi accessibili.
Detti posti auto opportunamente segnalati sono ubicati in prossimità del mezzo di sollevamento ed in posizione tale da cui sia possibile in caso di emergenza raggiungere in breve tempo un “luogo sicuro statico”, o una via di esodo accessibile. Le rampe carrabili e/o pedonali devono essere dotate di corrimano”.
Si tratta di una normativa applicabile per i fabbricati costruiti dopo il 1989, mentre per quelli edificati precedentemente all’entrata in vigore della legge le relative disposizioni sono applicabili solo in caso di ristrutturazione dello stabile.
Affinché il soggetto con disabilità possa avere il posto all’interno di un’area di proprietà comune è necessario che invii una specifica richiesta all’amministratore per l’individuazione e l’assegnazione in uso “esclusivo” del posto auto anche collocato ad una distanza comoda per l’accesso all’immobile. All’assemblea condominiale deve pervenire la richiesta argomentata con le norme di settore, anche regionali e comunali, quando presenti. In questo caso l’assemblea condominiale e il regolamento possono individuare il posto riservato, che non diventa di sua proprietà esclusiva poiché tutti i condomini, hanno uguali diritti sull’area comune e ne possono fare un pari uso (ai sensi dell’articolo 1102 e 1117 Codice Civile sull’uso e la comunione delle parti comuni dell’edificio).
Questa possibilità è in linea con lo stesso art. 1102 c.c., interpretato secondo i principi costituzionali (per i diritti inviolabili della persona sanciti agli artt. 2 e 3 della Costituzione).
La materia è stata oggetto di un recente arresto giurisprudenziale degno di nota.
Il Tribunale di Verbania, con sentenza n. 513/2020, è stato chiamato a pronunciarsi sul caso di un condomino disabile che chiedeva l’annullamento della delibera con cui gli era stato negato dall’assemblea il diritto ad avere un posto riservato in via esclusiva nel parcheggio del cortile comune.
Il Condominio convenuto riteneva che tale diritto non dovesse essere riconosciuto stante che l’edificio condominiale era stato costruito prima dell’approvazione della legge sull’abbattimento delle barriere architettoniche (Legge n. 13/1989).
Il Tribunale ha accolto il ricorso del condomino disabile attribuendo allo stesso il diritto ad un posto auto riservato ed esclusivo nel cortile condominiale, per poter parcheggiare il più possibile vicino all’ingresso dell’edificio.
Nella fattispecie valutata dal Decidente, il Tribunale, condividendo i principi già espressi, in casi analoghi, dalla giurisprudenza di merito, (cfr. Trib. Como 27/10/2017; Trib. Avellino 27/06/2017; Trib. Bologna 7/04/2006), ha pronunciato la decisione favorevole al ricorrente appoggiandosi al «diritto inviolabile a una normale vita di relazione» tutelato dall’art. 2 della Costituzione, e al diritto alla salute, protetto dall’art. 32 della medesima Carta.
Detti valori sono stati, invero, ritenuti dal Decidente preminenti rispetto al diritto di proprietà, che – sottolinea la sentenza – «può subire limitazioni al fine di assicurare il rispetto del dovere di solidarietà enunciato dall’art. 2 Cost., che mira a consentire proprio l’adeguato svolgimento della personalità, rimuovendo gli ostacoli che si frappongono al superamento di situazioni di disuguaglianza»
Questi principi costituzionali impongono di interpretare le norme sulle innovazioni delle proprietà comuni in condominio «contemperando i diritti di tutti i condomini all’utilizzo delle parti comuni con quelli di chi, trovandosi in condizioni di ridotta capacità o di incapacità motoria, ha bisogno di strutture e servizi che gli consentano di raggiungere o entrare agevolmente nell’edificio e di fruire dei relativi spazi in condizioni di adeguata autonomia».
Quando ciò si verifica il disabile prevale sugli altri condomini e può essergli consentito un uso più intenso della cosa comune anche a scapito degli altri: il suo diritto risulta preminente perché ha limitazioni della capacità di movimento di cui non soffrono i restanti comproprietari. In tali casi conclude il Tribunale «si ritiene tollerabile anche una modesta compressione del diritto all’uso della cosa comune quando essa sia giustificata dall’interesse altrui ad un più proficuo uso della cosa comune e non rechi in concreto alcun serio pericolo o grave sacrificio».
[1] In base all’articolo 2 della Convenzione sui Diritti delle persone con disabilità per “persone con disabilità” si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri.