Si è riacceso di recente il dibattito tra gli operatori del diritto del condominio edilizio sull’ambito di applicabilità dell’art. 1126 cod. civ., in tema di ripartizione delle spese delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico solare (o del terrazzo a livello) di ”uso esclusivo”. La norma, com’è noto, per l’ipotesi in cui l’uso dei lastrici o di parte di essi non è comune a tutti i condomini, chiama quelli che ne hanno l’esclusiva fruizione a contribuire per un terzo alle spese delle riparazioni o ricostruzioni della res, ponendo gli altri due terzi “a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve”, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno.
Il dubbio che si ripresenta ciclicamente è se il criterio di ripartizione ex art. 1126 cod. civ. torni praticabile allorché il lastrico, pur non coprendo tutte le unità immobiliari di proprietà individuale, copra ad un tempo anche le parti comuni dell’edificio. Per chi fomenta tale dubbio, l’art. 1126 cod. civ. andrebbe così letto (o, meglio, riscritto):
“Quando l’uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico: se nella proiezione verticale coperta dal lastrico sono comprese parti comuni, gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini, altrimenti sono a carico dei soli condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve in via esclusiva, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno”.
Questo dubbio, ad essere buoni, si accompagna ad un paradosso, mentre, ad essere severi, provoca una antinomia.
Il paradosso o l’antinomia nascono dalla argomentazione autocontraddittoria secondo cui il riparto limitato ex art. 1126 cod. civ. postula che il lastrico non “serve” per nulla a parti comuni.
Ne discende l’interrogativa retorica: esistono un lastrico solare o una terrazza a livello di uso esclusivo che non fungano da copertura (anche) del suolo su cui sorge l’edificio, e/o delle fondazioni, dei muri maestri, e/o dei pilastri e delle travi portanti, e/o delle scale, dei portoni di ingresso, dei vestiboli, degli anditi, dei portici, dei cortili e delle facciate, e/o delle aree destinate a parcheggio, e/o della portineria e dell’alloggio del portiere, della lavanderia, degli stenditoi e dei sottotetti, e/o degli ascensori, dei pozzi, delle cisterne, degli impianti idrici e fognari, dei sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo?
Questa domanda ha una riposta predeterminata: no, non esistono, salvo che nella fantasia leopardiana della casa pensile in aria sospesa con funi a una stella.
Da queste considerazioni trae nutrimento il ricorrente orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui l’art. 1126 cod. civ., obbligando a partecipare alla spesa relativa alle riparazioni del lastrico solare di uso esclusivo, nella misura di due terzi, “tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve”, si riferisce a coloro ai quali appartengono unità immobiliari di proprietà individuale comprese nella proiezione verticale del manufatto da riparare o ricostruire, alle quali, pertanto, esso funge da copertura, con esclusione dei condomini ai cui appartamenti il lastrico stesso non sia sovrapposto. L’obbligo di partecipare alla ripartizione dei cennati due terzi della spesa non deriva, quindi, dalla sola, generica, qualità di partecipante del condominio, ma dall’essere proprietario di un’unità immobiliare compresa nella colonna d’aria sottostante alla terrazza o al lastrico oggetto della riparazione. Poiché è pressoché inevitabile che la terrazza a livello o il lastrico di uso esclusivo coprano altresì una o più parti che siano comuni a tutti i condomini, e non solo quelli della rispettiva ala del fabbricato, se bastasse ciò per chiamare a concorrere alle spese del bene di copertura tutti i condomini, l’art. 1126 cod. civ. non avrebbe alcuna pratica applicazione. Anche, ad esempio, per le scale o per gli impianti destinati a servire “una parte dell’intero fabbricato”, il terzo comma dell’art. 1123 c.c. prevede che le spese restino a carico del solo gruppo dei condomini (e, cioè, dei proprietari degli appartamenti siti nell’edificio) che ne trae utilità: altrimenti, poiché le scale o gli impianti di una parte soltanto del fabbricato sono pure mezzi che danno inevitabilmente utilità a parti comuni a tutti i condomini (come il tetto, il cortile unico, la facciata, ecc.), identicamente tutti i condomini dovrebbero sostenere le spese nelle ipotesi di cosiddetto “condominio parziale” (Cass. 22 novembre 2021, n. 35957; Cass. 28 agosto 2020, n. 18045; Cass. 10 maggio 2017, n. 11484; Cass. 4 giugno 2001, n. 7472; Cass. 15 aprile 1994, n. 3542; Cass. 16 luglio 1976, n. 2821; Cass. 29 gennaio 1974, n. 244).