La vicenda

Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 12700 del 6.9.2023, si è recentemente pronunciato sulla richiesta di un condomino, comproprietario iure successionis di un’unità appartenente al Condominio convenuto, che lamentava di non essere stato ritualmente convocato per l’assemblea e di aver preso visione del relativo verbale solo a seguito di iniziativa giudiziale volta a ottenere copia dei documenti. Nel merito, la delibera è stata impugnata in punto di approvazione del bilancio consuntivo e di lavori straordinari approvati, sotto molteplici profili.

Il Condominio ha eccepito che l’attore non aveva mai rappresentato di essere comproprietario dell’immobile prima dell’esperimento delle azioni legali da egli avviate e che, invece, quale erede era suo onere comunicare all’amministratore il decesso del suo dante causa e l’accettazione dell’eredità; in mancanza, doveva ritenersi valido ed efficace l’invio della convocazione solo a coloro che risultavano noti e iscritti all’interno dell’anagrafe condominiale, di talché egli non poteva denunziare il vizio di costituzione dell’assemblea.

Il Giudice adito ha accolto la domanda attorea, annullando le delibere impugnate e, per quel che in questa sede interessa, affermando che il principio citato dal convenuto deve ritenersi superato dal disposto di cui all’art. 1130, comma 6, cod. civ., che, introdotto dalla novella del 2012, ha posto a carico del legale rappresentante dell’ente collettivo il preciso obbligo di individuare presso i pubblici registri, in caso di mancata collaborazione, gli aventi diritto a partecipare alle assemblee e di aggiornare l’anagrafe condominiale. Di conseguenza, il Tribunale ha riconosciuto in capo al Condominio anche il relativo onere della prova di aver convocato tutti gli aventi diritto, non potendosi addossare a chi deduca l’invalidità dell’assemblea la prova negativa dell’inosservanza di tale obbligo.

Il Commento

Il caso in esame si colloca in un filone che conta già numerosi precedenti, soprattutto di merito, non essendo una problematica nuova quella, in caso di morte di un condomino, dell’individuazione del nuovo soggetto idoneo ad assumere tale status, con particolare riferimento ai diritti e doveri dell’amministratore.

Secondo un risalente orientamento giurisprudenziale, ove gli eredi non si fossero resi attivi, correttamente l’amministratore avrebbe dovuto indirizzare l’avviso di convocazione dell’assemblea collettivamente ed impersonalmente agli eredi all’ultimo domicilio del defunto, anche se fosse passato l’anno dal decesso, in applicazione analogica dell’art. 303 c.p.c. (Cass. civ., sez. II, 17 aprile 1969, n. 1215).

Successivamente, la Suprema Corte aveva evidenziato che è preferibile ritenere che l’amministratore, il quale fosse a conoscenza del decesso di un condomino e fino a quando gli eredi non gli avessero manifestato la loro qualità, in mancanza di utili elementi di riferimento non avrebbe potuto ritenersi obbligato a fare alcuna particolare ricerca e, quindi, ad inviare alcun avviso. Difatti, in senso contrario non si sarebbe potuto invocare il fatto che, in base all’art. 1136, comma 6, c.c., l’assemblea non può deliberare se non risulta che tutti i condomini sia stati avvisati, in quanto tale norma presuppone, per la sua applicabilità, che i condomini siano noti all’amministratore (Cass. civ, sez. II, 22 marzo 2007, n. 6926).

Tale principio è stato seguito anche dalla successiva giurisprudenza di merito.

Difatti, a seguito della notizia della morte di un condomino, l’amministratore viene soltanto a sapere che si è aperta una successione, ma non anche se la stessa è destinata ad essere regolata in base alle norme sulla successione legittima o testamentaria, né chi siano i chiamati nelle due ipotesi e chi abbia effettivamente accettato l’eredità, diventando in tal modo erede e legittimato a partecipare alle assemblee condominiali e, di conseguenza, titolare del diritto alla convocazione (cfr. Trib. Salerno 27 settembre 2010).

La differenza, decisiva secondo la sentenza esaminata, sarebbe costituita dal novellato articolo 1130 c.c., il quale impone all’amministratore – a pena di revoca – in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni da parte dei successori, di richiedere con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Sulla base della suddetta norma, decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l’amministratore acquisisce le informazioni necessarie nei registri catastali, addebitandone il costo ai responsabili.

Tuttavia, anche secondo aggiornata dottrina, al fine della partecipazione all’assemblea, spetta comunque all’erede o al legatario succeduti nel condominio l’onere di rivelarsi all’amministratore nelle rispettive qualità a prescindere dei compiti e poteri dell’amministratore, dovendogli essere comunicati quantomeno il decesso del condomino e l’accettazione dell’eredità con conseguente assunzione dei diritti e degli obblighi condominiali (Maurizio Tarantino, IUS Condominio e Locazione , 1.10.2019).

In effetti, nonostante l’oggettivo e inequivocabile ampliamento dei doveri/poteri dell’amministratore nel tenere sempre aggiornato il registro di anagrafica condominiale, da tale previsione non può trarsi un obbligo tale da vincolarlo a effettuare costanti attività investigative presso i pubblici registri.

Tale ragionamento appare condivisibile nella parte in cui evidenzia come sia pur vero che la legge pone in capo all’amministratore l’obbligo di attivarsi per reperire le informazioni necessarie in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni relative alle variazioni di dati, ma tale notizia di variazione (anche al fine di ritenere sorto il citato obbligo) deve quantomeno essere portata a sua conoscenza in modo utile.

È stato, infatti, ribadito che l’amministratore che venga pure a sapere del decesso di un condomino, fino a quando gli eredi non manifestano tale loro qualità, non avendo utili elementi di valutazione, non può essere obbligato a fare alcuna ricerca né, quindi, a inviare alcun avviso né al condomino, né agli eredi impersonalmente presso l’ultimo domicilio. Ciò in quanto occorre almeno, pur nel silenzio della legge al riguardo, una qualche iniziativa, esclusiva dell’avente causa o concorrente con quella del dante causa, che, in forma adeguata, renda noto al condominio il mutamento di titolarità (Giuseppe Bordolli, Diritto.it, 22.05.2020).

Sul punto, invero, non può considerarsi superato l’argomento svolto dalla citata giurisprudenza ante-riforma, per il quale anche la mera notizia di un decesso non consente nemmeno di dedurre se la successione sia legittima o testamentaria né di individuare i chiamati in causa nelle due ipotesi.

In realtà, anche le ulteriori decisioni di merito successive alla riforma della normativa condominiale si sono mostrate tendenzialmente concordi rispetto a questa soluzione.

Il Tribunale di Salerno, sez. I, con la sentenza n. 199 del 18/01/2019, ad esempio, ha espressamente affermato: “l’amministratore che viene a conoscenza del decesso di un condomino, fino a quando gli eredi non manifestano tale loro qualità, non avendo utili elementi di riferimento e non essendo obbligato a fare alcuna ricerca, non è tenuto ad inviare alcun avviso né al condomino, né agli eredi impersonalmente presso l’ultimo domicilio. Tuttavia, al fine di procedere al recupero degli oneri economici dovuti, il rappresentante dell’ente di gestione condominiale può comunque attivarsi al fine di reperire i nominativi degli eredi”.

Tale pronuncia, pertanto, pare interpretare l’art. 1130, comma 6, c.c. come norma che pone una facoltà e non un obbligo per l’amministratore di svolgere le suddette ricerche in assenza di previa comunicazione.

È interessante osservare che lo stesso Tribunale di Roma si era precedentemente pronunciato in senso contrario alla sentenza oggi esaminata, sostenendo che “se l’erede non comunica nulla all’amministratore non potrà poi sostenere di non esser stato regolarmente convocato, né impugnare le delibere condominiali formatesi nelle riunioni a cui non ha potuto (per sua colpa) partecipare” (Trib. Roma, Sentenza del 02/12/2016 n. 22422).

Al di là di una futura svolta nell’interpretazione della norma, pertanto, sembra doversi qualificare la recente sentenza quale caso tendenzialmente isolato rispetto alla dottrina e giurisprudenza maggioritaria, specialmente poiché impone un ruolo eccessivamente gravoso all’amministratore di condominio a fronte di una totale inerzia degli eredi del condomino deceduto.

Cionondimeno, è opportuno contenere la portata applicativa di quanto sopra affermato, precisando che in nessun modo ciò può comportare – anche in ragione della chiara linea espressa dal legislatore, di cui si è detto – il venir meno dell’obbligo ormai riconosciuto dell’amministratore di seguire le vicende traslative degli immobili condominiali, al fine di evitare di riconoscere validità alle assemblee svolte in presenza di condomini apparenti.

Ormai consolidata è, sul punto, la posizione assunta dalla Corte di Cassazione, per la quale all’assemblea va convocato il vero proprietario e non anche colui che si sia comportato come condomino senza esserlo “difettando nei rapporti tra il condominio ed i singoli partecipanti ad esso le condizioni per l’operatività del principio dell’apparenza del diritto” (Cass. Civ., Sez. 2, sentenza n. 10824/2023).

Resta, quindi, ferma la necessità per l’amministratore di svolgere le indagini suggerite dalla diligenza dovuta per la natura dell’attività esercitata, prevalendo su ogni apparenza di titolarità il principio della pubblicità immobiliare e quello dell’effettività.

La medesima pronuncia di legittimità citata precisa al riguardo che non depone in senso contrario l’esaminata normativa sull’obbligo dell’amministratore di curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale e su quello relativo dei condomini di comunicargli le variazioni dei dati, posto che essi non incidono, ove inadempiuti, sull’acquisizione dello status di condomino, il quale si trasferisce immediatamente, al prodursi della vicenda traslativa.

La linea di discrimine tra l’inadempimento dell’amministratore all’obbligo di diligenza richiestogli (con conseguente invalidità della delibera assunta con omessa convocazione del vero condomino) e un’omissione dell’obbligo di comunicazione delle variazioni da parte del condomino tale da escludere la predetta inadempienza sembra doversi ravvisare, caso per caso, nell’effettiva e concreta possibilità per l’amministratore medesimo di procurarsi le informazioni necessarie all’aggiornamento dell’anagrafe condominiale senza che ciò significhi pretendere da lui un eccessivo e costante onere di investigazione.