Disciplina
L’analisi di tre articoli del Codice Civile, rimasti sostanzialmente invariati in sede di Riforma del condominio, delinea i termini del rapporto tra amministratore ed assemblea: l’art. 1129 c.c. rimette all’assemblea la nomina e la revoca dell’amministratore; l’art. 1131 c.c. attribuisce all’amministratore la rappresentanza dei partecipanti nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’art. 1130 c.c. «o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea»; e, infine, l’art. 1133 c.c. ammette il ricorso all’assemblea da parte dei singoli condomini contro i provvedimenti dell’amministratore. La legge assegna, cioè, all’assemblea il potere di nomina e di revoca dell’amministratore, ed alla medesima assemblea spetta pure il controllo sul suo operato, la facoltà di confermarlo alla fine dell’anno d’incarico e la determinazione del compenso per l’opera prestata.
Ricorso all’assemblea
A norma dell’art. 1133 c.c., l’amministratore di condominio ha il potere di assumere provvedimenti obbligatori nei confronti dei condomini, i quali possono impugnarli davanti all’assemblea (o, ricorrendone le condizioni, davanti all’autorità giudiziaria).
L’art. 1133 c. c. prevede la facoltà del ricorso all’assemblea avverso i provvedimenti dell’amministratore, ma “senza pregiudizio” del ricorso all’autorità giudiziaria, il che significa che la tutela giurisdizionale non è subordinata al preventivo ricorso all’assemblea. Invero, a differenza del previgente art. 19 del r.d. 15 gennaio 1934, n. 56, convertito nella legge 10 gennaio 1935, n. 8, l’art. 1133 c.c. certamente ammette il ricorso immediato al tribunale avverso i provvedimenti dell’amministratore, senza cioè imporre la preventiva denuncia all’assemblea. È sostenibile, peraltro, che l’esperimento del ricorso all’autorità giudiziaria abbia carattere assorbente, escludendo quindi il ricorso all’assemblea.
Dunque, l’art. 1133 c.c. contempla una forma di controllo eventuale e successivo dell’assemblea sui provvedimenti dell’amministratore; nulla, tuttavia, che faccia presagire un complessivo stato di subordinazione dell’amministratore rispetto all’assemblea. Né potrebbe realisticamente rimettersi all’assemblea la minuziosa predisposizione dell’attività che debba essere compiuta dall’amministratore. E’ tuttavia inevitabile che la disposizione di cui all’art. 1133 c.c. venga differenziata dall’art. 1137 c.c., che pure richiama residualmente, e che si riferisce a chiare lettere soltanto ai vizi di contrarietà alla legge o al regolamento di condominio. Essendo, infatti, l’assemblea l’organo sovrano della volontà dei condomini, il sindacato giurisdizionale sulle delibere non viene mai spinto al punto di valutare il merito o di controllare la discrezionalità delle sue scelte. Per converso, l’assemblea deve essere in grado di incidere sull’operato dell’amministratore sia nelle ipotesi in cui il provvedimento di questo abbia travalicato l’orbita delle sue attribuzioni, sia per meri motivi di merito, allorché esso le appaia inopportuno, iniquo o poco conveniente. Può pensarsi all’ipotesi in cui l’amministratore prenda provvedimenti che dispongano opere sulla cosa comune, in eccesso ai propri poteri e con lesione dei diritti dei condomini.