Nozione

Organo nominato dall’assemblea dei condomini o, quando i condomini sono più di otto e l’assemblea non vi provveda, dall’autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell’amministratore dimissionario.
Il termine “amministratore”, derivato dal latino administrare, nel linguaggio giuridico indica il soggetto che ha la gestione degli affari di un ente e per il cui tramite l’ente stabilisce relazioni giuridiche e manifesta la propria volontà.

Requisiti di Nomina

L’art. 71-bis disp. att. c.c., fissa i requisiti i requisiti di onorabilità e di qualificazione professionale necessari per lo svolgimento dell’incarico di amministratore di condominio. L’art. 71-bis disp. att. c.c. prescrive, tra l’altro, gli obblighi del conseguimento del diploma di scuola secondaria di secondo grado, nonché della previa frequentazione di un corso di formazione iniziale e dello svolgimento di attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale. Si tratta di norma di ordine pubblico, per la sua incidenza su interessi generali della collettività, in quanto tale avente carattere imperativo, con la conseguenza che la relativa violazione determina la nullità della deliberazione di nomina e del conseguente contratto di mandato stipulato con il soggetto designato. Solo infatti la sanzione della nullità per contrasto con norme imperative (contemplata in via generale dall’art. 1418, comma 1, c.c., proprio allorché la legge non disponga diversamente, escludendo, cioè, la conseguenza della invalidità dell’atto) può ritenersi idonea ad assicurare effettività di tali prescrizioni legali dirette a fissare i requisiti di comprovata capacità professionale dell’amministratore condominiale.
La sopravvenuta perdita di alcuno di tali requisiti comporta, invece, la cessazione dall’incarico, legittimando ciascun condomino a convocare ‘senza formalità’ l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore.

Accettazione

Alla designazione dell’assemblea deve far seguito un’accettazione formale da parte dell’amministratore incaricato.

Comunicazione dei dati da parte dell’amministratore

La fattispecie normativa della nomina assembleare dell’amministratore ha assunto inequivoci contorni di proposta contrattuale rivolta dal gruppo dei condomini, inteso quale unitaria parte complessa, all’amministratore designato, avendosi per perfezionato l’accordo solo con l’accettazione di quest’ultimo.

La necessità dell’accettazione della nomina da parte dell’amministratore incaricato dall’assemblea si desume da due esplicite norme della riformata disciplina del condominio:

  • l’art. 1129, comma 2, c.c. prevede che l’amministratore «contestualmente all’accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell’incarico» debba  comunicare «i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale, o, se si tratta di società, anche la sede legale e la denominazione, il locale ove si trovano i registri di anagrafe condominiale, il registro dei verbali delle assemblee, il registro di nomina e revoca dell’amministratore ed il registro di contabilità, nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all’amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata».
  • l’art. 1129, comma 14, c.c., secondo il quale «l’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta».

L’esigenza di un’accettazione formale della nomina da parte dell’amministratore incaricato è conclusione quindi imposta dalla Riforma del 2012, a differenza di quanto poteva sostenersi in precedenza.

L’art. 1129, comma 2, c.c., che enuncia gli obblighi di informazione, di trasparenza e di completezza, cui è vincolato l’amministratore al momento stesso del conferimento dell’incarico, e l’art. 1129, comma 14, c.c., che sancisce un generale principio di predeterminazione onnicomprensiva del corrispettivo, rendono, infatti, incompatibile con la nomina dell’amministratore del condominio la disposizione dell’art. 1392 c.c., secondo cui, salvo che siano prescritte forme particolari e solenni per il contratto che il rappresentante deve concludere, la procura che conferisce il potere di rappresentanza può essere verbale o anche tacita. Sembra non più sostenibile, in sostanza, che la nomina dell’amministratore possa risultare, indipendentemente da una formale investitura da parte dell’assemblea e dall’annotazione nello speciale registro, pure dal comportamento concludente dei condomini che abbiano considerato l’amministratore tale a tutti gli effetti, rivolgendosi abitualmente a lui in detta veste, senza metterne in discussione i poteri di gestione e di rappresentanza del condominio.

È da intendersi quindi superato, alla stregua dei citati riferimenti di diritto positivo emergenti dalla legge n. 220/2012, l’orientamento giurisprudenziale che riconosceva pienezza di poteri gestori all’amministratore la cui nomina assembleare non era stata immediatamente seguita dall’accettazione (nella specie, per aver il nominato amministratore subordinato l’accettazione dell’incarico a determinate condizioni, successivamente non avveratesi), sull’assunto che l’operatività della nomina dell’amministratore condominiale non discende dall’accettazione, perché «questo specifico rapporto di mandato non ha una fonte contrattuale, ma trova la sua regolamentazione iniziale nell’investitura dell’assemblea».  Già, del resto, si era negata l’ammissibilità del giuramento, sia decisorio che suppletorio, sulla qualità di amministratore di condominio, essa implicando, appunto, l’accettazione della nomina, che è un atto negoziale e non un fatto storico.

Si perviene così ad un’interpretazione ormai omogenea rispetto a quella che si segue per gli amministratori delle società di capitali, con riguardo ai quali si sostiene pacificamente che, ai fini della costituzione del rapporto di amministrazione, non è sufficiente la nomina, essendo indispensabile l’accettazione del nominato, cui fa espresso riferimento l’art. 2385 c.c.

In quanto accettazione di proposta contrattuale, quella dell’amministratore nominato rimane regolata dall’art. 1326 c.c., sicché essa, per determinare l’instaurazione del rapporto di amministrazione, deve essere conforme alle condizioni stabilite nella deliberazione dell’assemblea ed essere comunicata all’assemblea stessa nel termine da questa stabilito, ovvero in quello che possa ritenersi necessario, vista la natura dell’affare.

Secondo il generale principio normativamente sancito dall’art. 1326 c.c., un’accettazione dell’amministratore non conforme alla proposta dell’assemblea, ad esempio con riguardo all’importo del compenso, equivale a nuova proposta, e comporta l’ovvia conseguenza che solo con l’accettazione di quest’ultima da parte dell’assemblea si dia per verificata la conclusione del contratto, e alle diverse condizioni della controproposta. Fin quando non sussista un verbale di assemblea che consacri in un unico documento le clausole disciplinanti il rapporto di amministrazione, ivi compreso il compenso spettante all’amministratore, non c’è, dunque, valida instaurazione dell’incarico.

L’omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati indicati da tale disposizione costituisce ‘grave irregolarità’ sanzionata con la revoca dell’amministratore (art. 1129, comma 12, n. 8, c.c.).

Si tratta di un dovere di informazione ex lege che non precede la fase della nomina, e, dunque, di un’informazione non richiesta ai fini di una corretta formazione della volontà assembleare: il dovere informativo in esame non è, in sostanza, relativo a circostanze di cui mettere a corrente i condomini prima della deliberazione di designazione. L’obbligo di informazione è esigibile, piuttosto, contestualmente all’accettazione della nomina o del rinnovo, e quindi già in fase esecutiva del mandato.

Il difetto di una comunicazione completa e veritiera dei dati anagrafici e dei recapiti dell’amministratore, non relazionandosi ad un obbligo precontrattuale di informazione incombente sul mandatario, non è dunque sanzionato con l’annullamento della nomina, ma identificato come ‘grave irregolarità’, motivo di possibile revoca.

L’omissione informativa, elevata a causa di rimozione dell’amministratore, viene, cioè, presuntivamente intesa come condotta che possa pregiudicare o porre in pericolo gli interessi comuni. Ciò tuttavia lascia supporre che, nonostante la mancata comunicazione dei dati e dei recapiti in sede di nomina, il rapporto di amministrazione si sia regolarmente costituito, producendo per intero i suoi effetti tipici.

Durata

L’incarico di amministratore ha du­rata di un anno e si rinnova tacitamente per eguale durata alla sua prima scadenza, in assenza di revoca o di dimissioni antecedenti. Alla scadenza della proroga annuale, l’assemblea deve quindi attivarsi per deliberare un nuovo incarico esplicito all’amministratore, il quale, nell’attesa, è da intendersi in prorogatio, con i limitati diritti e poteri (nonché doveri) correlati alle sole ‘attività urgenti’ al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni e senza diritto a compensi.

Compenso

All’atto dell’accettazione della nomina o del suo rinnovo l’amministratore deve specificare l’importo dovutogli a titolo di compenso per tutte le attribuzioni gestorie da adempiere. La mancata determinazione del compenso è causa di nullità della nomina.

Attribuzioni

L’amministratore, nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’art. 1130 c.c. o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi. L’amministratore può poi essere convenuto per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio, ma, per le cause che esorbitano dalle sue attribuzioni, ai fini della sua valida costituzione, necessita dell’autorizzazione o della ratifica dell’assemblea.

L’amministratore di condominio deve:

  • eseguire le deliberazioni dell’assemblea;
  • redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione di cui all’art. 1130 bis c.c. e convocare l’assemblea per la relativa approvazione;
  • curare l’osservanza del regolamento di condominio;
  • disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell’interesse comune;
  • richiedere i contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea ed agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dai condomini, potendo ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, o anche sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato;
  • comunicare ai creditori del condominio non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi;
  • erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni;
  • compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio;
  • eseguire gli adempimenti fiscali;
  • curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale;
  •  curare la tenuta del registro dei verbali delle assemblee, del registro di nomina e revoca dell’amministratore e del registro di contabilità;
  •  conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione  e consegnarla alla cessazione dell’incarico;
  •  fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso;
  •  comunicare, contestualmente all’accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell’incarico, i propri dati, nonché il locale e gli orari in cui gli interessati possono prendere visione dei registri condominiali;
  •  presentare la polizza individuale di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato richiesta dall’assemblea;
  •  affiggere sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, l’indicazione delle proprie generalità e dei propri recapiti;
  •  far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio.

Provvedimenti presi dall’amministratore

I provvedimenti presi dall’amministratore nell’ambito delle sue attribuzioni sono obbligatori per i condomini e possono essere riesaminati dall’assemblea o dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascuno dei partecipanti (art. 1133 c.c.).

Deleghe

All’amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione all’assemblea

Sostituto dell’amministratore e pluralità di amministratori

La ricorrente qualificazione dell’amministratore condominiale come mandatario induce ad ammettere, ai sensi dell’art. 1717 c.c., che lo stesso possa delegare le proprie funzioni ad un terzo, con conseguente attribuzione altresì della rappresentanza processuale, in difetto di contraria manifestazione da parte dell’assemblea nella delibera di nomina. Questo perché il mandato, pur essendo caratterizzato dall’elemento della fiducia, non è tuttavia basato necessariamente sull’intuitus personae, di tal che al mandatario non è vietato avvalersi dell’opera di un sostituto, a meno che il divieto sia espressamente stabilito oppure si tratti di attività rientrante nei limiti di un incarico strettamente fiduciario. Si è anche ritenuto che non sussistono norme incompatibili con l’attribuzione ad una pluralità di persone della qualità di amministratore del condominio. La possibilità di nominare più amministratori, anzi, è apparsa conforme a quanto il legislatore, nell’art. 1106, comma 2, c.c., prevede per la comunione e che, in relazione al rinvio generale contenuto nell’art. 1139 c.c., ben può essere esteso al condominio, stante l’esportabilità della ratio che giustifica la delega dell’amministrazione della comunione a più partecipanti (come anche ad un estraneo), e cioè la maggiore tutela degli interessi dei singoli partecipanti rimessa alla loro volontà. Neppure l’art. 1131 c.c. escluderebbe la possibilità di configurare come legittima una pluralità di amministratori, comportando, piuttosto, in linea di principio, l’attribuzione della qualità di rappresentanti del condominio a tutti i soggetti che amministrano, anche rispetto ai terzi, e rimettendosi ai condomini, per una migliore organizzazione ed al fine di evitare conflitti nell’azione dei vari amministratori, la predisposizione di regole che ripartiscano le competenze di ciascuno con esclusiva validità nei rapporti interni. E’ però da osservare che tanto in ipotesi di nomina di pluralità di amministratori, come di sostituzione dell’amministratore (che sia, poi, non autorizzata dall’assemblea, ovvero autorizzata dall’assemblea senza indicazione della persona del sostituto, o, ancora, autorizzata dall’assemblea con contemporanea indicazione del sostituto), l’incarico, congiunto o delegato, non possa essere svolto da persona non in possesso dei requisiti inderogabili posti dall’art. 71-bis disp. att. c.c.

Revoca

La revoca dell’amministratore può essere disposta in ogni momento dall’assemblea (con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio), o dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, se l’amministratore non abbia dato immediata notizia ai condomini di una citazione o di un provvedimento dell’autorità amministrativa esorbitante dalle sue attribuzioni, se non abbia redatto il rendiconto della gestione annuale, ovvero, ancora, in caso di gravi irregolarità.

Rinvio al mandato

L’art. 1129, penultimo comma, c.c., aggiunge che, per quanto non disciplinato dal medesimo articolo, e dunque soltanto in ordine alla nomina, alla revoca ed agli obblighi dell’amministratore, si applicano le disposizioni di cui alla sezione I del capo IX del titolo III del libro IV del Codice Civile, in tema di mandato.

Tuttavia, a differenza di quanto avviene nei rapporti tra mandante e mandatario, l’assemblea non può influire sull’ampiezza delle funzioni affidate all’amministratore, né compiere direttamente gli affari attribuiti per legge alla sua competenza, sicché il rapporto intercorrente tra i singoli condomini e l’amministratore dà luogo, piuttosto, ad una autonoma e distinta fattispecie contrattuale, non assimilabile al mandato, per quanto comunque tipica.

Natura Giuridica

Il Codice Civile, anche dopo la Riforma del condominio del 2012, non contiene una definizione della figura dell’amministratore, limitandosi a stabilire quando e da chi debba essere nominato, quali siano i suoi obblighi e le correlate responsabilità (art. 1129 c.c.), quali siano i suoi compiti (art. 1130 c.c.) e in cosa consista la sua rappresentanza (art. 1131 c.c.).

È nota la risalente opinione che qualifica l’amministratore di condominio come organo, modalità di imputazione di atti e fatti appropriata non solo per gli enti dotati di personalità giuridica, ma per tutte le organizzazioni collettive aventi relazioni esterne, riferibile a quei soggetti cui sono attribuiti un insieme di poteri nell’interesse di tali soggetti collettivi, indispensabili per lo svolgimento delle loro attività. Resiste l’altrettanto tradizionale obiezione secondo cui l’amministratore non può mai spiegarsi come ‘organo necessario’ della ‘collettività organizzata condominio’, atteso che il vincolo di rappresentanza lega l’amministratore non al condominio, quale ente distinto, ma ai singoli condomini.
Ben più ricorrente nel linguaggio della giurisprudenza è la tesi che scorge nel rapporto amministratore-condomini un contratto di mandato, pur preservate le specificità di disciplina inerenti alle modalità di costituzione ed al contenuto della gestione.

La Riforma del 2012 sembrerebbe aver operato una chiara scelta in tale ultimo senso con il novellato art. 1129 c.c., parlando (commi 3 e 11) di atti compiuti dall’amministratore nell’’esercizio del mandato’ e di revoca del ‘mandato’, e aggiungendo, al penultimo comma del medesimo art. 1129 c.c., il già ricordato rinvio alle «disposizioni di cui alla sezione I del capo IX del titolo III del libro IV» del codice civile, proprio in tema di mandato.

Resta da considerare che l’assemblea, in sede di investitura dell’amministratore, non può ridurre le attribuzioni affidate dal Codice civile al titolare di quell’ufficio, né può compiere direttamente gli affari di competenza dell’amministratore, come generalmente prevedono gli artt. 1722, n. 2, e 1724 c.c. in tema di mandato.

È dunque da preferire la ricostruzione di chi ravvisa nel rapporto che lega l’amministratore al gruppo dei condomini, unitariamente considerato, una nuova ed autonoma fattispecie contrattuale, non assimilabile al mandato, sebbene tipica, in quanto disciplinata dalla legge.

Si è così sostenuto che, proprio con la Riforma del condominio del 2012, il ruolo dell’amministratore sia transitato da un tipico munus di rappresentanza ad un rinvigorito onus di responsabilità.

L’idea della centralità della responsabilità di gestione dell’amministratore permea il nuovo assetto della disciplina condominiale.

Sono individuabili obblighi, sempre più numerosi, gravanti sull’amministratore, che hanno un contenuto specifico e già determinato dalla legge. Se per alcuni di tali obblighi la responsabilità dell’amministratore è volta essenzialmente verso il condominio e va, quindi, valutata alla stregua dell’art. 1218 c.c., per il generico obbligo di amministrare diligentemente e nell’interesse comune il sindacato sull’attività dell’amministratore di condominio coinvolge anche le sue scelte di gestione, imponendogli doveri anche verso terzi (cfr. art. 63, comma 1, disp. att., c.c.)

Un tale ampliamento dei doveri dell’amministratore di condominio rende, così, inadeguata la qualificazione di ‘mandatario’, essendo netta l’eccedenza delle rispettive attribuzioni rispetto ad una mera esigenza di cooperazione esterna del condominio.

Non basta, perciò, a valutare l’attività dell’amministratore di condominio il criterio posto dall’art. 1710 c.c.

L’amministrazione condominiale è ormai incarico professionale, e l’obbligo di diligenza da osservare è quello qualificato, stabilito dall’art. 1176, 2 comma, c.c., ragguagliato, cioè, alla ‘natura dell’attività esercitata’. Gli obblighi dell’amministratore, in quanto inerenti all’esercizio di un’attività professionale, impegnano lo stesso a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato, assicurando la diligenza del professionista di media attenzione e preparazione.

Anche la Disciplina uniforme delle professioni non organizzate in ordini o collegi (tra le quali si inserisce quella dell’amministratore di condominio), contenuta nella legge 14 gennaio 2013, n. 4, all’art. 1, comma 4, afferma che «l’esercizio della professione è libero e fondato sull’autonomia, sulle competenze e sull’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica, nel rispetto dei principi di buona fede, dell’affidamento del pubblico e della clientela, della correttezza, dell’ampliamento e della specializzazione dell’offerta dei servizi, della responsabilità del professionista». Si riconosce, inoltre, alle associazioni a carattere professionale di natura privatistica il compito di valorizzare le competenze degli associati e di garantire il rispetto delle regole deontologiche, agevolando la scelta e la tutela degli utenti; sempre a tali associazioni spetta l’onere di promuovere la formazione permanente dei propri iscritti.

La natura professionale dell’attività svolta dall’amministratore di condominio ha indotto anche a dubitare della sua attuale compatibilità con la professione di avvocato, alla stregua dell’art. 18 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, che vieta agli avvocati, tra l’altro, «qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale», come «l’esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio o in nome o per conto altrui».

Il Consiglio nazionale forense, con parere del 20 febbraio 2013, richiamato il proprio precedente orientamento, espresso nel vigore del precedente art. 3 del Rdl n. 1578/1933, nel senso della compatibilità delle due attività, escluse la ricorrenza dell’incompatibilità, osservando che la nomina quale amministratore di un condominio non instaura un rapporto di lavoro subordinato, non è riconducibile allo schema societario e/o dell’impresa, né costituisce attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente.

La conclusione raggiunta lascia irrisolto il dubbio provocato dalla richiamata legge n. 4 del 2013 (in particolare, all’art. 1, comma 2), la quale consente di ricondurre l’incarico di amministratore di condominio a tutti gli effetti al nuovo ambito delle professioni senza albo; né l’attività di amministratore di condominio sembra rientrare fra quelle contemplate dal comma 6 dell’art. 2 della Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense.

Peraltro, l’amministrazione finanziaria, con riferimento, ad esempio, alle situazioni in cui negli spazi condominiali venga realizzato un impianto fotovoltaico, ravvisa lo svolgimento di un’attività  commerciale abituale in relazione all’energia prodotta in misura eccedente al fabbisogno del fabbricato ed immessa in rete mediante lo scambio sul posto, con conseguente configurabilità di una struttura societaria vincolante i condomini, il che rende meno certa anche la considerazione che una organizzazione condominiale (della quale possa svolgere l’incarico di amministratore un avvocato) non abbia mai rilevanza societaria o imprenditoriale.
Pare, per concludere, che l’amministratore di condominio si atteggi, nel vigente quadro comportamentale, come sintesi normativa di una natura complessa: mandatario, responsabile della gestione condominiale e professionista. Costringerne la qualificazione sotto l’una o l’altra soltanto di queste vesti, senza tener conto della totalità degli elementi descrittivi della fattispecie, finirebbe per negare ed escludere dalla caratterizzazione dell’istituto alcuni particolari comunque significativi.

Non di meno, il contratto tipico di amministrazione di condominio non costituisce prestazione d’opera intellettuale, né è subordinato all’iscrizione in albi o elenchi, ai sensi dell’art. 2229 c.c., quanto, piuttosto, al possesso dei requisiti di professionalità ed onorabilità di cui all’art. 71-bis disp. att. c.c., essendo disciplinato dagli artt. 1129, 1130 e 1131 c.c. nonché, in via residuale, dalle norme in tema di contratto di mandato, in forza del rinvio espresso a queste ultime contenuto nel penultimo comma dell’art. 1129 cit.

Condominio di Gestione

L’ultimo comma dell’art. 1129 c.c. estende l’applicabilità della medesima disposizione anche “agli edifici di alloggi di edilizia popolare ed economica, realizzati o recuperati da enti pubblici a totale partecipazione pubblica o con il concorso dello Stato, delle regioni, delle province o dei comuni, nonché a quelli realizzati da enti pubblici non economici o società private senza scopo di lucro con finalità sociali proprie dell’edilizia residenziale pubblica”. Tale disposizione impone di applicare all’edilizia residenziale pubblica soltanto l’art. 1129 c.c., dedicato alla nomina, alla revoca ed agli obblighi dell’amministratore. Tali obblighi sono, tuttavia, strettamente correlati alle attribuzioni di cui agli artt. 1130 e 1130-bis c.c., sicché la clausola estensiva dell’art. 1129, ultimo comma, c.c. dovrebbe far riferimento anche ai due articoli successivi. Il rinvio abbraccia situazioni e discipline del tutto variegate e difformi. La prima ipotesi contemplata è quella degli “edifici di alloggi di edilizia popolare ed economica realizzati o recuperati da enti pubblici a totale partecipazione pubblica con il concorso dello Stato, delle regioni, delle province o dei comuni”, nonché degli edifici “realizzati da enti pubblici non economici”. Presupposto dell’applicabilità dell’art. 1129 c.c. agli edifici destinati ad alloggi popolari ed economici è che la gestione relativa all’uso ed al godimento delle cose comuni sia stata trasferita dall’ente proprietario degli alloggi ai soci assegnatari inquilini, i quali abbiano così costituito un apposito “condominio di gestione” ancor prima che sia avvenuto il formale trasferimento in proprietà, a tal fine occorrendo l’accordo di tutti gli interessati, che, peraltro, va espresso pure senza particolari formalità. Qualora sia stato costituito il condominio di gestione, l’assemblea deve (quando sia integrato il relativo requisito numerico) procedere alla nomina dell’amministratore, e il rapporto sarà regolato dall’art. 1129 c.c., con la conseguenza che all’amministratore spetterà la legitimatio ad causam per tutte le vicende processuali relative alla regolamentazione delle parti comuni ed al recupero delle quote di spesa dovute dai singoli assegnatari per la partecipazione al godimento dei servizi di utilità collettiva. Gli assegnatari di case realizzate dagli IACP possono, inoltre, essere autorizzati alla gestione autonoma del condominio a seguito di apposito provvedimento concessivo dell’ente, che deve essere preceduto da specifica richiesta in tal senso avanzata dagli assegnatari. In difetto di tali condizioni, non assume rilievo un’eventuale “gestione condominiale di fatto”, che si realizzi, semmai, anche con la nomina di un amministratore. I condomini di gestione rivengono, peraltro, ulteriori fonti di disciplina nei regolamenti emessi dagli enti pubblici che assegnano gli alloggi e accettati dagli assegnatari. La seconda ipotesi richiamata è quella delle “società private senza scopo di lucro con finalità sociali proprie dell’edilizia residenziale pubblica”. Per le cooperative edilizie che beneficiano di contributo erariale, soltanto una volta avvenuta la stipulazione, da parte del socio, del contratto di mutuo individuale, cessa l’assoggettamento dell’assegnatario dell’alloggio ai poteri autoritativi dell’ente concedente, e, con l’acquisto in proprietà dei singoli alloggi, si determina un rapporto di condominio tra gli assegnatari acquirenti, che giustifica la piena applicabilità dell’art. 1129 c.c. La normative speciale attribuisce alla cooperativa edilizia a contributo erariale l’amministrazione del condominio nel periodo compreso tra l’assegnazione in proprietà individuale e il momento in cui tutti gli alloggi sono riscattati; il trasferimento di proprietà dell’immobile, a seguito dell’assegnazione da parte della cooperativa, è peraltro subordinato al frazionamento del mutuo. In realtà, si osserva come in questi edifici le maggiori funzioni gestionali rimangono assegnate ai consigli di amministrazione delle cooperative, sicché non ha senso pensare alla presenza di un amministratore di condominio coi poteri di cui all’art. 1129 c.c. Gli assegnatari di alloggi costruiti da società costituite per costruire senza finalità di lucro case popolari da assegnare in locazione con patto di futura vendita, non possono, comunque, dar vita ad un condominio per la gestione dello stabile, e quindi nominare un amministratore, ai sensi dell’art. 1129, prima della vendita di tutti gli appartamenti.