L’ordinanza della Suprema Corte di cassazione n. 17713 del 21.06.2023 affronta il caso della richiesta di compensi di un amministratore per l’attività gestoria del condominio negli anni 2009 e 2010 in mancanza dell’approvazione assembleare dei rendiconti presentati. Premesso che ratione temporis, non era applicabile al caso la disciplina introdotta con la legge n. 220 del 11.12.2012 n. 2020 ed in particolare il novellato art. 1129 cod. civ. comma 14^, la Suprema Corte definisce la controversia insorta ai sensi dell’art. 1135 cod. civ., evidenziando come l’articolo in parola, anche nella vecchia formulazione, prevedesse in capo all’assemblea la competenza ad approvare il bilancio consuntivo nel quale il compenso dell’amministratore era inserito come una delle voci di spesa. Conseguentemente, la Cassazione rileva che in mancanza di regolare approvazione del rendiconto relativo agli anni in cui era maturato il dedotto credito, la Corte Territoriale capitolina correttamente aveva escluso il diritto agli emolumenti dell’ex amministratore per l’attività espletata in quanto il credito azionato difettava del necessario requisito di liquidità ed esigibilità.

La questione avrebbe avuto gli stessi esiti se fosse stata risolta alla luce della disciplina introdotta dalla Legge n 220/2012, ma con motivazioni ben differenti che andiamo ad indagare.

La normativa attuale

La Riforma introdotta con la legge n. 220 del 2012, postula,  quanto all’amministratore di condominio ed al suo compenso che: 1) il rapporto di gestione dello stabile tra condomini e amministratore  è un contratto a tutti gli effetti di legge che si perfeziona con l’incontro della proposta con l’accettazione e non si instaura per mera investitura assembleare (come in passato riferito anche dalla Suprema Corte nell’ordinanza del 13 giugno 2013, n. 14930)- Così testualmente il comma 2 dell’art. 1129 cod. civ“contestualmente all’accettazione della nomina e a ogni rinnovo dell’incarico, l’amministratore comunica i propri dati anagrafici e professionali (…)”; 2) l’indicazione del compenso è elemento essenziale del contratto, la cui omissione determina la nullità della nomina – Così testualmente il comma 14 dell’art. 1129 cod. civ. “L’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta”; 3) il contratto di amministrazione di stabili è un contratto scritto – come si desume dall’art. 1130, n. 7, c.c., il quale dispone che la nomina dell’amministratore deve essere annotata in apposito registro e dall’art. 1136 ultimo comma cod. civ. che prevede la trascrizione in apposito registro del processo verbale delle assemblee; 4) più in generale il contratto de quo è un contratto tipico con connotatiti specifici ed autonomi rispetto al contratto di mandato (cfr. Cass., sez. II, 19 marzo 2021, n. 7874).

La prescrizione della nullità “testuale”, ovvero stabilita dalla legge, della nomina ad amministratore  nel caso in cui non sia specificato l’importo del compenso è di rilevante portata ed a tutela della collettività condominiale, posta nella condizione di conoscere a priori e valutare in assemblea il costo della prestazione che verrà resa. Peraltro, tale fattispecie legale di nullità, è richiamata anche nella sentenza delle Sezioni Unite 14 aprile 2021, n. 9839 la quale ridisegna le ipotesi di invalidità della delibera assembleare relegando a casi residuali le ipotesi di nullità.

Ciò nonostante, l’infelice formulazione delle norme aveva lasciato pericolosi spazi interpretativi dell’art. 1129 cod. civ. ad una parte della Giurisprudenza di merito la quale era giunta ad affermare che il compenso potesse essere indicato in un momento successivo alla nomina assembleare (all’accettazione dell’incarico da parte dell’amm.re eventualmente non presente nell’assemblea di nomina) o persino desumibile aliunde, ad esempio da importi genericamente indicati in bilancio (Trib. Palermo 9.2.2018, n. 7808, Appello Brescia 1.9.2012).

A dipanare i dubbi insorti interveniva opportunamente la Suprema Corte con l’ordinanza 12927 del 22.04.2022.

L’ordinanza della Cassazione n. 12927 del 22.04.2022.

Il provvedimento in parola, da più parti commentato (per approfondimenti: P. Scalettaris in Rivista Giuridica dell’Edilizia, fasc.4, 2022, pag. 980, C. Belli in Quotidiano del Sole 24 Ore 28.04.2022, M. Ginesi in Consulenza Buffetti 09.05.2022) affronta il caso specifico dell’impugnazione di delibera dell’assemblea di condominio che aveva nominato l’amministratore senza specificare il compenso. Il Tribunale di Udine  affermava che la nomina era stata deliberata all’unanimità e non era stata impugnata avendo l’attrice dedotto la nullità derivata delle delibere successive. La decisione di primo grado veniva impugnata dinanzi alla Corte d’Appello di Trieste che respingeva il gravame, sostenendo che l’ammontare del compenso dell’amministratore non dovesse necessariamente essere indicato nella delibera di conferimento dell’incarico, né emergere dal verbale, risultando da un preventivo precedente indirizzato ai condomini e che, inoltre, risultava redatto un bilancio preventivo ove si indicava l’entità del compenso dell’amministratore.

La Corte, richiamando in primo luogo la normativa sopra citata, evidenzia come al fine della costituzione di un valido rapporto di amministrazione condominiale, ai sensi dell’art. 1129 c.c., il requisito formale della nomina sussiste in presenza di un documento, approvato dall’assemblea, che rechi, anche mediante richiamo ad un preventivo espressamente indicato come parte integrante del contenuto di esso, l’elemento essenziale della analitica specificazione dell’importo dovuto a titolo di compenso, specificazione quindi che non può in alcun modo più ritenersi implicita nella delibera assembleare di approvazione del rendiconto.

Nell’accogliere il ricorso, la Corte pronuncia il seguente principio di dirittoagli effetti dell’art. 1129, comma 14, c.c., il quale prevede la nullità testuale della nomina dell’amministratore di condominio ove non sia specificato l’importo dovuto a titolo di compenso, per la costituzione di un valido contratto di amministrazione condominiale occorre accertare la sussistenza di un documento, approvato dall’assemblea, recante, anche mediante richiamo ad un preventivo espressamente indicato come parte integrante del contenuto di esso, l’elemento essenziale della analitica determinazione del corrispettivo, che non può ritenersi implicita nella delibera assembleare di approvazione del rendiconto”.

     La nomina assembleare non accompagnata dall’indicazione  del compenso, fosse anche per relationem, è pertanto nulla (interessante la pronuncia del Trib. Milano, Sez. XIII, 12 gennaio 2022, n. 196 che ha ritenuto non valida la semplice indicazione a verbale “come da preventivo” che non risultava allegato al verbale stesso consegnato ai singoli condomini); Poiché la nullità, ai sensi dell’art 1423  cod civ., è insanabile, un successivo rendiconto che contabilizzi il credito dell’amministratore non potrebbe avere alcun effetto sanante del vizio della nomina.

Si aggiunga quanto rileva autorevole dottrina, Consigliere Antonio Scarpa, in commento alla sentenza della Corte d’appello di Palermo del 2 novembre 2022, sul Quotidiano Giuridico del 29.11.2022: “L’amministratore incaricato senza determinazione del compenso non può agire nei confronti del condominio con l’azione contrattuale per conseguire il corrispettivo dell’attività espletata (proprio in quanto non si è validamente perfezionato alcun contratto), né saranno applicabili al caso l’art. 2231 cod. civ., il quale concerne soltanto l’illegittimo esercizio di professione intellettuale, o l’art. 2126 cod. civ., norma riguardante il solo rapporto di lavoro subordinato, non suscettibile di interpretazione analogica per il suo carattere eccezionale. Trovano applicazione, piuttosto, i principi in materia di prestazioni non dovute di fare, dovendosi riconoscere all’amministratore la possibilità di agire nei confronti del condominio ex art. 2041 c.c. con l’azione di arricchimento senza causa, ovvero di invocare la conversione del contratto di amministrazione nullo in un contratto atipico di consulenza condominiale, ricorrendone gli estremi, e di conseguire il corrispettivo per l’opera svolta in relazione a

detto contratto”.