Disciplina

Il comma 1 dell’art. 1129 c.c. dispone che “se l’assemblea non vi provvede, la nomina dell’amministratore è fatta dall’autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell’amministratore dimissionario”.

Natura e limiti

La nomina dell’amministratore da parte del tribunale, quando il condominio ne sia sprovvisto, costituisce attività di carattere amministrativo e non giurisdizionale, non essendo diretta a risolvere un conflitto di interessi, ma solo ad assicurare al condominio composto da un numero di condomini superiore ad otto l’esistenza dell’organo necessario per l’espletamento delle incombenze ad esso demandate dalla legge.

La funzione del provvedimento giudiziale di nomina è, quindi, soltanto quella di evitare che, per la mancanza di un rappresentante indispensabile alla sua gestione, il condominio rimanga nell’impossibilità di agire: esso, perciò, non è diretto a risolvere l’eventuale esistenza di conflitti, sia all’interno del condominio, da parte di quei condomini che ritengano che l’amministratore sia stato già eletto, sia all’esterno, da parte di chi sostenga di essere stato investito validamente dell’ufficio di amministratore. Laddove tali conflitti sussistano e non vengano risolti nell’appropriata sede assembleare, mediante deliberazioni adottate con le maggioranze prescritte, lo strumento per risolverli è quello giurisdizionale, secondo le regole ordinarie poste dall’art. 1137 c.c. La nomina giudiziale di un diverso amministratore condominiale ex art. 1129 c.c. presuppone comunque innanzitutto la revoca di quello in carica da parte dell’assemblea, ovvero del tribunale qualora ne ricorrano i presupposti. Invero, in presenza di un provvedimento di nomina dell’amministratore di condominio a norma del comma 1 dell’art. 1129 c.c., ben possono i singoli condomini chiedere la revoca del provvedimento, oppure superare e rendere inoperativa la designazione giudiziale deliberando – con la maggioranza di cui al comma 2 dell’art. 1136 c.c.  – la nomina di un amministratore o la conferma di quello eventualmente cessato dalla carica per scadenza del termine annuale di incarico. Il tribunale si limita, dunque, a riscontrare i due presupposti essenziali per il ricorso al procedimento, ovvero la mancata adozione del provvedimento di nomina dell’amministratore in sede assembleare e l’inutile ricorso dell’interessato alla facoltà di convocazione diretta dell’assemblea per deliberare sulla nomina. Il singolo condomino è legittimato a rivolgersi all’autorità giudiziaria in sede di volontaria giurisdizione soltanto dopo aver provocato la convocazione dell’organo assembleare e riscontrato la mancata formazione di una volontà maggioritaria, mentre l’adozione di una deliberazione di nomina legittima, piuttosto, il condomino ad impugnare la stessa in via contenziosa. L’intervento giudiziale, secondo la regola generale in materia di comunione, assume, quindi, natura sussidiaria, giacché diretto non ad espropriare in radice la competenza dell’assemblea, ma soltanto a supplirne l’inerzia. Non è specificato nell’art, 1129, comma 1, c.c. che, al pari dell’assemblea, pure l’autorità giudiziaria sia vincolata a scegliere l’amministratore previo riscontro delle condizioni soggettive elencate nell’art. 71-bis disp. att. c.c. Non di meno, pare massimamente opportuno, se non inevitabile, che altresì il tribunale ritenga così limitata la propria scelta: la norma in esame è scritta nel senso che coloro i quali non offrono i requisiti di onorabilità e professionalità ivi elencati, non “possono svolgere l’incarico di amministratore”, sicché anche la perdita di alcuni di essi in corso di rapporto comporta la cessazione automatica dello stesso, cessazione di cui l’assemblea deve soltanto prendere atto. Non avendo l’art. 71-bis disp. att. c.c. natura e finalità esclusivamente direttive, pare inevitabile concludere che tale norma condizioni altresì la scelta dell’autorità giudiziaria in sede di nomina ex art. 1129, comma 1, c.c. Diverso dal caso della mancanza di amministratore nominato (legittimante il ricorso al procedimento di degnazione giudiziale ex art. 1129, comma 1, c.c.) è quello della assoluta inerzia dell’amministratore regolarmente in carica con riguardo alla concreta ed effettiva amministrazione delle cose comuni, per mancata assunzione dei provvedimenti a tal fine necessari, ovvero per difetto di esecuzione delle deliberazioni adottate dall’assemblea: ipotesi, questa, che giustifica, piuttosto, il rimedio di cui all’art. 1105, comma 4, c.c., sempre che l’intervento dell’autorità giudiziaria non comporti alcuna inammissibile ingerenza nella gestione condominiale, né sovrapposizione alla volontà assembleare.

Compenso

Anche all’amministratore nominato dall’autorità giudiziaria deve ritenersi imposto l’obbligo di specificare analiticamente all’assemblea, a pena di nullità, l’importo dovuto a titolo di compenso. Non è condivisibile la diversa conclusione, secondo cui, in ipotesi di nomina giudiziale dell’amministratore, sarebbe necessario, da parte del tribunale, determinare altresì il compenso relativo alla prestazione gestoria. Infatti, l’amministratore di nomina giudiziale, il quale resta in carica per il termine annuale ordinariamente previsto dalla legge, se non venga prima sostituito da un amministratore nominato dall’assemblea condominiale, a differenza dagli ausiliari, per i quali la liquidazione del compenso è diversamente regolata, non deve rendere conto del suo operato al giudice che lo ha nominato, bensì al condominio o ai singoli condomini, in virtù del rapporto di rappresentanza costituito ex lege. Perciò, la richiesta del compenso e del rimborso delle spese dell’amministratore di nomina giudiziale non può che essere avanzata nei confronti dell’assemblea dei condomini ed, in caso di contrasto, ogni questione deve essere definita in sede contenziosa. Pure laddove il regolamento di condominio preveda la gratuità dell’incarico dell’amministratore, da scegliersi a turno tra i condomini, ove l’amministratore stesso venga nominato dall’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 1129 c.c., gli oneri relativi alla sua retribuzione vanno, invero, a carico di tutti i partecipanti al condominio, tenuti per legge a contribuire alle spese necessarie per il godimento della cosa comune e per i servizi relativi.

Procedimento

Quanto al procedimento di nomina giudiziale, la Riforma del 2012 ha previsto la legittimazione, oltre che dei condomini, altresì dell’amministratore uscente dimissionario (che pure non abbia la qualità di condomino) a proporre il ricorso al tribunale, in sede di volontaria giurisdizione, affinché provveda alla nomina di un nuovo amministratore. Può desumersi che identica legittimazione ad agire per la nomina giudiziale del successore possa altresì riconoscersi all’amministratore uscente altresì nell’ipotesi in cui l’assemblea non lo abbia confermato. Il tribunale giudica in composizione collegiale, come in tutti i procedimenti dagli artt. 737 e seguenti c.p.c., ove non sia diversamente disposto (art. 50-bis,  comma 2, c.p.c.). Non depongono nel senso di una deroga alla regola della collegialità dei procedimenti camerali, e di una conseguente competenza monocratica, né il silenzio che l’art. 64 disp. att. c.c. serba sulla nomina dell’amministratore, né un richiamo in senso analogico all’art. 59 disp. att. c.c. Il procedimento per la nomina giudiziale dell’amministratore deve essere svolto, secondo una diffusa lettura, nel contraddittorio necessario di tutti i condomini, per la diretta incidenza della determinazione giudiziale sull’amministrazione delle cose comuni, operante attraverso la designazione esterna del soggetto chiamato ad esercitare le attribuzioni gestorie di cui all’art. 1130 c.c. Il rapporto corrente tra amministratore e singoli condomini viene, invero, solitamente ricostruito secondo lo schema del mandato collettivo; di conseguenza, la nomina giudiziale dello stesso equivarrebbe ad una pronuncia costitutiva di siffatto mandato collettivo, ovvero di un rapporto plurisoggettivo, concettualmente unico e inscindibile, tale da giustificare l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti attivi e passivi dello stesso. Coloro che in dottrina escludono la necessità che il ricorso per la nomina giudiziaria dell’amministratore sia notificato a tutti i condomini argomentano, peraltro, dalla convergenza degli interessi di tutti i partecipanti nel senso di ottenere dal tribunale la designazione del rappresentante, e dunque dal difetto di posizioni conflittuali che tali da meritare l’attivazione del contraddittorio. Il provvedimento dell’autorità giudiziaria relativo alla nomina dell’amministratore di condominio, recante l’accoglimento o il rigetto dell’istanza di uno o più condomini o dell’amministratore dimissionario, è privo di definitività,  in quanto suscettibile di successiva modifica o revoca, e, pur coinvolgendo posizioni di diritto soggettivo, non statuisce su queste ultime con la forza di un atto idoneo ad assumere autorità vincolante di giudicato. Identica natura viene attribuita al decreto, sempre di segno positivo o negativo, emesso dalla corte di appello sul reclamo ex art. 739 c.p.c., che si sostituisce al provvedimento impugnato con pari funzione e presenta le medesime caratteristiche di provvisorietà e revocabilità. Da ciò si desume generalmente l’inammissibilità del ricorso per cassazione, ex art. 111 Cost., avverso i provvedimenti con i quali la corte di appello decide sul reclamo proposto contro i decreti del tribunale – pronunciati in sede di volontaria giurisdizione – di nomina dell’amministratore di condominio. Si reputa, per contro, ammissibile il ricorso per cassazione avverso la statuizione del provvedimento di nomina relativa alla condanna alle spese, erroneamente adottata in tale giudizio visto che manca il presupposto della soccombenza, sicché le spese devono restare a carico del soggetto che le abbia anticipate, assumendo l’iniziativa giudiziaria e interloquendo nel procedimento.