Disciplina Normativa
L’art. 71 quater disp. att. c.c. (inserito dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220), al comma 1 indica quali siano le “controversie in materia di condominio” che, ai sensi dell’art. 5, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, sono soggette alla condizione di procedibilità dell’esperimento del procedimento di mediazione. Il comma 3 del medesimo art. 71 quater disp. att. c.c. aggiunge, quindi, che ”al procedimento è legittimato a partecipare l’amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice”. Il quarto comma dell’art. 71 quater contempla poi l’ammissibilità di una proroga del termine di comparizione davanti al mediatore per consentire di assumere la deliberazione autorizzativa dell’assemblea, alla quale, infine, il quinto comma di tale disposizione rimette l’approvazione della proposta di mediazione, da votare con la medesima maggioranza occorrente per garantire la partecipazione dell’amministratore alla procedura.
Autorizzazione preventiva dell’assemblea per la partecipazione alla mediazione
La lettera dell’art. 71 quater, comma 3, disp. att. c.c. porta a concludere che, quando il condominio intende esercitare in giudizio un’azione tra quelle specificate dall’’art. 71 quater, comma 1, disp. att. c.c., la condizione di procedibilità non può dirsi adempiuta allorché all’incontro davanti al mediatore l’amministratore partecipi sprovvisto della previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’art. 1136, comma 2 c.c., non essendo in tal caso “possibile” iniziare la procedura di mediazione e procedere con lo svolgimento della stessa, come suppone il primo comma dell’art. 8, D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28. Tale evenienza non corrisponde, dunque, all’ipotesi contemplata dall’art. 5, comma 2 bis, del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, il quale dispone che “quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo”, in quanto, ancor prima che mancato, l’accordo amichevole di definizione della controversia è privo di giuridica possibilità se il rappresentante inviato in mediazione è privo della facoltà di conciliare, spettando comunque all’assemblea (e non all’amministratore) il “potere” di approvare una transazione riguardante controversie d’interesse comune, ovvero di delegare l’amministratore a transigere, fissando gli eventuali limiti dell’attività dispositiva negoziale affidatagli. La necessità della delibera assembleare ex art. 71 quater, comma 3, disp. att. c.c. occorre, peraltro, già per la mera partecipazione al procedimento di mediazione (e, quindi, agli effetti dell’art. 8, comma 5, D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28), senza che rilevi il fatto che si tratti o meno di controversia che rientra nell’ambito delle attribuzioni dell’amministratore, in forza dell’art. 1130 c.c., e con riguardo alla quale perciò sussiste la autonoma legittimazione processuale di quest’ultimo ai sensi dell’art. 1131 c.c., indipendentemente dalla necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea. Pur in relazione alle cause inerenti all’ambito della rappresentanza istituzionale dell’amministratore, questi non può “trattare” nelle attività di mediazione privo della delibera dell’assemblea, in quanto l’amministratore, senza apposito mandato conferitogli con la maggioranza di cui all’art. 1136, comma 2 c.c., è altrimenti comunque sprovvisto del potere di disporre dei diritti sostanziali che sono rimessi alla mediazione, e, dunque, privo del potere occorrente per la soluzione della controversia (Cass. 8 giugno 2020, n. 10846). E’ agevole concludere che, alla stregua dell’operatività del comma 3 dell’art. 71 quater disp. att. c.c., viene in parte erosa, nel concreto, l’autonoma legittimazione processuale attiva dell’amministratore, conferitagli dall’art. 1130 c.c. per lo svolgimento delle attribuzioni ivi previste (esecuzione delle delibere dell’assemblea, cura dell’osservanza del regolamento di condominio, amministrazione delle cose, degli impianti, dei servizi comuni, conservazione e manutenzione di essi, disciplina del loro uso e riscossione dei contributi). Quando, infatti, l’amministratore intenda esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia derivante dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice civile e degli articoli da 61 a 72 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile, ed altresì rientrante nelle materie di cui all’art. 1130 c.c., egli non ha necessità, ai fini dei suoi poteri di rappresentanza, della preventiva autorizzazione assembleare (o, eventualmente, della ratifica del suo operato), ma la delibera dell’assemblea gli occorre comunque per l’esperimento del procedimento di mediazione, che è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Non può condividersi l’interpretazione secondo cui l’art. 71 ter, terzo comma, disp. att. c.c. si riferisce alle sole ipotesi in cui il condominio sia convenuto, come si desumerebbe dal fatto che si parla di autorizzazione dell’amministratore alla “partecipazione” al procedimento, il che presupporrebbe che il procedimento sia stato iniziato da altri. “Partecipare al procedimento di mediazione” significa “esserne parte”, nella qualità di attore come di convenuto. Mentre la presentazione della domanda di mediazione è onere che incombe solo sull’attore, partecipare alla mediazione è onere che incombe su tutte le parti. Tant’è che l’ultimo comma dell’art. 8 del D.Lgs. n. 28 del 2010 dispone: “Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio”.
Approvazione assembleare della proposta di mediazione
Il comma 5 dell’art. 71 quater, disp. att. c.c. richiede, poi, l’approvazione assembleare della proposta di mediazione, dovendosi intendere non accettata la proposta stessa ove non sia raggiunta la maggioranza di cui all’art. 1136, comma 2, c.c. Spetta, infatti, all’assemblea deliberare a maggioranza sulle transazioni relative alle liti concernenti la gestione delle parti e dei servizi condominiali, necessitando il consenso unanime quando la transazione abbia invece ad oggetto la disposizione dei diritti reali comuni. Il comma 5 dell’art. 71 quater, disp. att. c.c. non infirma, ed anzi rafforza la conclusione secondo cui già la partecipazione dell’amministratore al procedimento di mediazione postula una previa delibera assembleare con la medesima maggioranza, come del resto si legge esplicitamente nel comma 3 dell’art. 71 quater. Finché non autorizzato dall’assemblea, l’amministratore non può, dunque, né utilmente partecipare al procedimento di mediazione (e così, soprattutto, rimuovere la condizione di procedibilità, quando è il condominio a promuovere l’azione), né comunque accettare validamente la proposta di conciliazione proveniente dalla controparte. Non ha senso neppure replicare che così si sfavorisce il condominio rispetto ad ogni altra parte, giacché, esattamente al contrario, le esigenze di semplificazione dell’attuazione del contraddittorio che realizza l’attribuzione all’amministratore della rappresentanza processuale non possono costituire ragione per consentire ai condomini di mandare in avanscoperta nel procedimento di mediazione un proprio rappresentante comunque privo dei poteri necessari per la soluzione amichevole della controversia. Non sembra da escludere che l’assemblea, già nell’autorizzare l’amministratore a partecipare al procedimento di conciliazione, possa, occorrendo la stessa maggioranza, altresì approvare preventivamente una proposta di mediazione a determinate condizioni prestabilite.