SOMMARIO: a) Ballatoi; b) Chiusura a vetro; c) Costruzione di sporti, balconi e pensili; d) Elementi decorativi; e) Fioriere; f) Proprietà; g) Soletta o piattaforma; h) Spese; i) Sporti chiusi; l) Stendimento panni; m) Tende; n) Veranda. a) Ballatoi I ballatoi delle cosiddette case a ringhiera devono intendersi parti comuni e le spese per la loro manutenzione e ricostruzione devono essere divise secondo l’art. 1124 c.c. * Trib. civ. Milano, 24 novembre 1988. Non esiste un diritto del singolo condomino a farsi installare, nei muri perimetrali interni dei ballatoi condominiali, nicchie per immettervi contatori del gas o della luce; anzi, l’apposizione di tali nicchie-portacontatori deve essere considerata un peso di diritto reale sulle parti comuni. * Pret. civ. Torino, ord. 23 dicembre 1995. b) Chiusura a vetri La chiusura con finestre a vetri con telaio metallico realizzata su balconi di proprietà esclusiva dei singoli condomini è illegittima, allorchè, limitando la circolazione dell’aria all’interno delle scale e dei pianerottoli e determinando conseguenti ristagni di odori, può creare situazioni di pericolo o danni alle parti comuni dell’edificio. * Trib. civ. Milano, sez. VIII, 26 giugno 1989, Gallo e altri c. Condominio di via Val Lagarina 67, Milano e Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Milano e Pastino e altri. Salve limitazioni di natura pubblicistica, la chiusura a vetri di balconi o terrazzi di pertinenza esclusiva deve, di norma, ritenersi consentita ai rispettivi proprietari, purchè non alteri il decoro architettonico dell’edificio condominiale e non rechi pregiudizio, sotto alcun profilo, agli altri condomini, ai quali deve essere comunque assicurato un pari uso del bene comune. * Cass. civ., sez. II, 30 luglio 1981, n. 4861, Malentacchi c. Galletti. c) Costruzione di sporti, balconi e pensili L’immissione di balconi e pensili su un cortile comune, pur comportando l’occupazione con un’opera solida e stabile dell’area sovrastante, si risolve in un ampliamento della presa di aria e luce da parte del singolo condomino e, non alterando la destinazione normale del cortile, deve ritenersi pienamente legittima, salvo che, per la dimensione degli sporti, non si verifichi un uso della cosa comune esorbitante dai limiti previsti dalla legge. Ben diversa, invece, è la situazione che si determina per l’aggetto di un vero e proprio corpo di fabbrica, poichè in tal caso alla incorporazione di una parte della colonna d’aria del cortile si connette anche la finalità di assegnare alla superficie del cortile stesso la qualità e la natura di spazio sfruttabile a fini costruttivi dai singoli comproprietari, a vantaggio delle rispettive proprietà, e quindi per l’utilità e disponibilità esclusiva degli stessi, con la conseguente alterazione della destinazione normale del cortile comune che non può essere consentita. * Cass. civ., sez. II, 26 febbraio 1976, n. 624. Gli sporti che il singolo condomino ha diritto di costruire sul cortile comune debbono essere concretamente realizzati in maniera che non venga alterata la destinazione di tale cortile, che è principalmente quella di fornire luce e aria agli immobili circostanti, ed in modo che la loro costruzione non si ponga in contrasto con le esigenze di un pari uso dello stesso cortile da parte degli altri comproprietari, nei limiti di cui all’art. 1102 cod. civ., in relazione alle prospettive offerte dalla struttura e ubicazione delle proprietà individuali. * Cass. civ., sez. II, 9 marzo 1988, n. 2370, Carcano c. Maggi. Deve ritenersi pertinenza, al fine di assoggettarla a semplice autorizzazione e non a concessione ex art. 7, cpv., lettera a) D.L. 23 gennaio 1982, n. 9, convertito nella L. 25 maggio 1982, n. 94, l’opera la quale, pur conservando la propria individualità fisica ed autonomia funzionale, venga posta in un durevole rapporto di subordinazione strumentale con altra persistente, per renderne più agevole o comunque migliorarne l’uso. Per delimitare la relativa nozione, che, nell’ambito della normativa edilizia, non può farsi coincidere completamente con quella di cui all’art. 817 c.c., è possibile far ricorso interpretativo alla normativa catastale, secondo la quale la pertinenza consiste in un volume privo di autonomo accesso dalla via pubblica ed insuscettibile di produrre un proprio reddito senza subire modificazioni fisiche. (Nella fattispecie la Suprema Corte ha ritenuto che la superficie realizzata mediante la costruzione di un balcone non possa qualificarsi pertinenza, essendo opera accessoria, soggetta al diverso regime concessorio, la quale congiunta intimamente con altra costituisce parte costitutiva ed integrante del tutto. La Suprema Corte ha inoltre precisato che mentre le pertinenze possono anche fisicamente essere separate dalla cosa principale senza alterarne l’essenza fisica e funzionale, le opere accessorie non sono suscettibili di separazione, senza determinare frazionamenti fisici del tutto ovvero riportare alterazioni funzionali dell’immobile). * Cass. pen., sez. III, 5 maggio 1992, n. 5331 (ud. 3 marzo 1992), Staiano. La costruzione, da parte del condominio, di sporti sul cortile o sul passaggio comune, con conseguente occupazione della colonna d’aria sovrastante il terreno comune, costituisce esplicazione del diritto di utilizzazione della cosa, ai sensi dell’art. 1102 c.c., quando non ne pregiudichi la normale funzione o le possibilità di utilizzazione particolare eventualmente prospettate dagli altri condomini. * Cass. civ., sez. II, 21 giugno 1993, n. 6850, Malizia c. Rizzo e altro. La costruzione, nel muro perimetrale dell’edificio condominiale, di balconi prospicienti sul cortile comune – costruzione che si risolve in un ampliamento della presa di aria e di luce da parte del singolo condomino – può ritenersi legittima soltanto quando la dimensione di tali sporti, oltre a non compromettere la stabilità e la sicurezza del fabbricato, nonché a non alterare la destinazione normale del cortile, non menomi il pari diritto degli altri condomini a fruire della normale presa di aria e luce. * Cass. civ., sez. II, 28 luglio 1977, n. 3351. Il proprietario di un appartamento sito in uno stabile condominiale ha diritto di ottenere l’eliminazione di uno sporto costruito sul muro comune, in corrispondenza dell’appartamento sovrastante, quando tale manufatto importa una sensibile diminuzione di luce e di aria ai danni dell’unità immobiliare di sua proprietà; e ciò indipendentemente dal fatto che il terreno contiguo allo stabile, cui aggetta il manufatto medesimo, appartenga al condominio ovvero al condomino attore in via esclusiva. * Cass. civ., sez. II, 18 maggio 1978, n. 2408. Nel caso di edifici in condominio, i proprietari dei singoli piani possono utilizzare i muri comuni, nella parte corrispondente agli appartamenti di proprietà esclusiva, aprendovi nuove porte o vedute preesistenti o trasformando finestre in balconi o in pensili, a condizione che l’esercizio della indicata facoltà, disciplinata dagli artt. 1102 e 1122 c.c., non pregiudichi la stabilità e il decoro architettonico dell’edificio e non menomi o diminuisca sensibilmente la fruizione di aria e luce per i proprietari dei piani inferiori. (Nella specie il giudice di merito, con la sentenza confermata dalla Suprema Corte, aveva ritenuto sussistente una sensibile diminuzione di aria e luce in danno dell’appartamento sito al piano terra, in conseguenza della costruzione di balconi da parte dei proprietari degli appartamenti siti al primo e al secondo piano, in relazione anche alla giacitura particolare dell’edificio condominiale, il cui piano terra si trovava di circa due metri al di sotto della latistante via pubblica). * Cass. civ., sez. II, 14 dicembre 1994, n. 10704, Scibetta c. Naro e Alongi. Con riguardo ad un edificio in condominio a norma dell’art. 1102 cod. civ. è consentita al condomino la costruzione di balconi e pensili sul cortile comune quando, pur comportando l’occupazione con un’opera solida e stabile dell’area sovrastante, concreti solo un ampliamento della presa d’aria e luce dell’appartamento del singolo condomino senza alterare la destinazione normale del cortile ai fini costruttivi dei singoli proprietari, con vantaggio delle rispettive proprietà, e quindi per l’utilità e disponibilità esclusiva degli stessi. (Nella specie la C.S., in applicazione di tale principio, ha confermato la decisione dei giudici del merito che avevano ritenuto che il vano occupante la colonna d’aria sovrastante il cortile comune, per le sue dimensioni di oltre mq. 4 e mezzo, alterasse la destinazione economica del cortile stesso, diminuendo l’utilizzazione dell’aria e della luce che esso era destinato ad assicurare). * Cass. civ., sez. II, 29 dicembre 1987, n. 9644, Jaccarino c. Marino. L’art. 1102 cod. civ., nel regolare i diritti dei partecipanti alla comunione, prescrive che in ogni caso non può essere alterata la destinazione della cosa comune, sicchè‚ solo le modificazioni di questa, in quanto consentano il pari uso secondo il diritto di ciascuno, rientrano nella previsione legale, mentre è vietata ogni diversa attività innovatrice. (Nella specie, alla stregua del principio enunciato, è stata giudicata corretta la decisione che ha ritenuta vietata la costruzione di un terrazzo pensile soprastante un cortile comune, con la costruzione, inoltre di gradini e di un’aiuola sul cortile stesso). * Cass. civ., sez. II, 26 luglio 1983, n. 5132, Bono c. D`Accordo. La tollerabilità, o meno, del pregiudizio che la costruzione di uno sporto nel muro perimetrale comune può arrecare alla presa di aria e luce di locali appartenenti a uno dei condomini dipende non solo dall’ampiezza dello sporto e dalla superficie del cortile eventualmente antistante all’edificio, ma soprattutto, dalla distanza in cui tale sporto viene a trovarsi dalle sottostanti aperture; se tale distanza risulta esigua, anche l’esistenza di un ampio cortile potrebbe non compensare adeguatamente una diminuzione di aria e soprattutto di luce. * Cass. civ., sez. II, 28 luglio 1977, n. 3351. In tema di condominio negli edifici, la costruzione di balconi e pensili sul cortile comune è consentita al singolo condomino, purché, ai sensi dell’art. 1102 c.c., non risulti alterata la destinazione del bene comune e non sia impedito agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. (Nella fattispecie, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso avverso la sentenza con cui il giudice di merito aveva ritenuto che l’edificazione, nel cortile comune, di due balconi alterasse la destinazione del cortile medesimo, diminuendo l’utilizzazione dell’aria e della luce che il bene era destinato ad assicurare). * Cass. civ., sez. II, 27 agosto 2002, n. 12569, Trombino c. Scaglione ed altra. E’ nulla la delibera dell’assemblea condominiale per la parte in cui autorizza il condomino del terzo piano alla costruzione di due balconi sulla facciata prospiciente il cortile interno, e ciò in quanto la delibera medesima esorbita dai limiti delle attribuzioni dell’assemblea ed è lesiva dei diritti dei condomini del secondo piano sulla cosa comune e sulla loro proprietà esclusiva. * Corte app. civ. Milano, sez. IV, 9 maggio 1989, n. 720, Colombo c. Battezzati. Il condomino di un edificio che sia proprietario esclusivo dell’area scoperta adiacente alla facciata dell’edificio stesso, può legittimamente procedere alla costruzione di una balconata appoggiandola al muro comune in corrispondenza dell’appartamento di sua proprietà; né‚ il proprietario dell’appartamento sottostante, il quale lamenti la diminuzione di luce e di aria attraverso un’apertura, avente natura di luce, per effetto della costruzione eseguita, può vantare alcuna ragione di danno, poiché‚ l’aggetto della balconata rappresenta l’utilizzazione della colonna d’aria soprastante il suolo, sul quale il condomino dell’edificio, che ne è proprietario esclusivo, può compiere opere che limitano la funzione delle luci aperte nella facciata dell’edificio posto a confine dell’area di proprietà esclusiva. * Cass. civ., sez. II, 20 marzo 1974, n. 776. d) Elementi decorativi Gli elementi decorativi situati al di sotto dei balconi, avendo soltanto una funzione estetica volta a rendere armonica la facciata dell’edificio condominiale, sono cose che servono all’uso e al godimento comune e, quindi, ai sensi dell’art. 1117, n. 3, cod. civ., sono oggetto di proprietà comune e non di proprietà esclusiva del condomino cui appartengono i singoli balconi. Ne consegue che la delibera con la quale l’assemblea abbia ripartito tra i condomini le spese necessarie alla rimozione e alla riparazione dei predetti elementi decorativi pericolanti non È viziata da nullità assoluta, ma può essere impugnata nel termine di trenta giorni di cui all’art. 1137 cod. civ. * Cass. civ., sez. II, 9 luglio 1980, n. 4377, Porcaro c. Condominio di Via Sammartino 128, Palermo. Gli elementi decorativi del balcone di un edificio in condominio (nella specie, cementi decorativi relativi ai frontali ed ai parapetti) svolgendo una funzione di tipo estetico rispetto all’intero edificio, del quale accrescono il pregio architettonico, costituiscono, come tali, parti comuni ai sensi dell’art. 1117 n. 3 c.c., con la conseguenza che la spesa per la relativa riparazione ricade su tutti i condomini, in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno. * Cass. civ., sez. II, 19 gennaio 2000, n. 568, Stanganini ed altro c. Condominio di Via Reggimento Savoia Cavalleria 10, Milano. Gli elementi decorativi del balcone di un edificio in condominio (nella specie, aggiunte sovrapposte con malta cementizia, viti di ottone e piombi ai pilastrini della balaustrata) svolgendo una funzione decorativa estesa all’intero edificio, del quale accrescono il pregio architettonico, costituiscono, come tali, parti comuni ai sensi dell’art. 1117, n. 3, cod. civ., con la conseguenza che la spesa per la relativa riparazione ricade su tutti i condomini. * Cass. civ., sez. II, 15 gennaio 1986, n. 176, Cond. V. Cusuman. c. Fortuna. La legittimità o meno della costruzione ad opera di un condomino di un muro di mattoni forati sul lato esterno di un balcone di sua esclusiva proprietà aperto su una chiostrina condominiale destinata a dare luce ed aria anche ai vani degli altri condomini che si aprono su di essa, va accertata in relazione all’utilizzazione della cosa comune che è consentita al singolo condomino in misura anche più intensa del normale, quando non alteri la destinazione della cosa e non pregiudichi il pari diritto degli altri partecipanti al condominio. * Cass. civ., sez. II, 14 febbraio 1982, n. 6869, Grammatica c. Nuovo. L’assemblea condominiale non può assumere decisioni che riguardino i singoli condomini nell’ambito dei beni di loro proprietà esclusiva, salvo che non si riflettano sull’adeguato uso delle cose comuni; ne consegue che nel caso in cui i balconi, che appartengono in modo esclusivo al proprietario dell’appartamento di cui fanno parte, presentino nella facciata esterna elementi decorativi, o anche semplicemente cromatici, che si armonizzano con la facciata del fabbricato dal quale sporgono, per i lavori di restauro o di manutenzione straordinaria della facciata, decisi con la prescritta maggioranza, legittimamente viene incluso nei lavori comuni il contemporaneo rifacimento della facciata esterna dei detti balconi, essendo il decoro estetico dell’edificio condominiale un bene comune, della cui tutela è competente l’assemblea. * Cass. civ., sez. II, 30 agosto 1994, n. 7603, Masella c. Cond. via Campania 15-17, Taranto. Il rivestimento e gli elementi decorativi del fronte e della parte sottostante della soletta dei balconi degli appartamenti di un edificio debbono essere considerati di proprietà comune dei condomini, in quanto destinati all’uso comune, ai sensi dell’art. 1117 c.c., in tutti i casi in cui assolvano prevalentemente alla funzione di rendere esteticamente gradevole l’edificio. Tale funzione può essere esclusa solo in presenza di prova contraria, da cui risulti che trattasi di un fabbricato privo di qualsiasi uniformità architettonica, o che trovasi in uno stato di scadimento estetico tale da rendere irrilevante l’arbitrarietà costruttiva o di manutenzione dei singoli particolari. * Cass. civ., sez. II, 17 luglio 1999, n. 7603, P.M. Raimondi. Il rivestimento e gli elementi decorativi del fronte o della parte sottostante della soletta dei balconi degli appartamenti di un edificio debbono essere considerati di proprietà comune dei condomini, in quanto destinati all’uso comune, ai sensi dell’art. 1117 c.c., in tutti i casi in cui assolvano prevalentemente alla funzione di rendere esteticamente gradevole l’edificio, mentre sono pertinenze dell’appartamento di proprietà esclusiva quando servono solo per il decoro di quest’ultimo; conseguentemente, nel caso di distacco, per vizio di costruzione, del rivestimento o degli elementi decorativi predetti, l’azione di responsabilità nei confronti del costruttore è legittimamente esperita dal condominio, ai sensi dell’art. 1669 c.c., se il rivestimento o gli elementi decorativi abbiano prevalente funzione estetica per l’intero edificio. * Cass. civ., sez. II, 28 novembre 1992, n. 12792, Soc. Gefim c. Cond. Flox. I balconi aggettanti, non avendo una funzione portante, non costituiscono parti comuni anche se siano inseriti nella facciata, in quanto formano parte integrante dell’appartamento cui accedono. Per contro, il rivestimento e gli elementi decorativi del fronte (parapetto) o della parte sottostante della soletta debbono essere considerati di proprietà comune dei condomini laddove essi assolvano prevalentemente alla funzione di rendere esteticamente gradevole l’edifico. * Trib. civ. Salerno, sez. I, 16 febbraio 2001, n. 542, Cornetta c. Condominio Rubino di Via Generale Clark 15 in Salerno. Le lastre applicate alla parte inferiore di ogni balcone e i listelli incollati sotto la copertina di finitura dei parapetti dell’edificio condominiale, costituendo elementi con funzione estetica, volti a rendere armonica la facciata dell’edificio (le copertine) ovvero anche posti al servizio di una parte comune quale è la facciata (i listelli), devono essere considerati di proprietà comune dei condomini. Conseguentemente, nel caso di distacco dei predetti elementi decorativi, per vizio di costruzione, la legittimazione ad causam relativamente all’azione di responsabilità nei confronti del costruttore ex art. 1669 c.c. compete all’amministratore del condominio. * Trib. civ. Udine, 23 novembre 1998, n. 925, Condominio S. Marco di Udine c. Soc. Side ed altri. Le spese di manutenzione riguardanti il frontalino dei balconi, che è un elemento della struttura esterna del balcone destinato a garantire l’integrità architettonica dell’edificio come componente della facciata, devono gravare su tutti i condomini. * Trib. civ. Milano, sez. VIII, 26 settembre 1988, Aletti e altra e Marconari e altra c. Condominio di via Treviso 16/18, Milano. La spesa per la riparazione delle colonnine e dei pilastrini che fanno parte integrante del parapetto dei balconi e della terrazza a livello deve gravare esclusivamente sul proprietario dei beni medesimi, in quanto il parapetto assolve alla funzione primaria di protezione dell’unità immobiliare del condomino ed è perciò soggetta all’autonomo diritto dominicale. * Corte app. civ. Napoli, 16 ottobre 1990. Gli elementi verticali dei balconi, soprattutto quando si tratti di edifici moderni nei quali i balconi, incolonnati ed allineati secondo un preciso disegno architettonico rappresentano il tratto ornamentale essenziale della facciata, devono considerarsi parti integranti della facciata e componenti del bene del decoro dell’edificio, onde alle loro riparazioni devono concorrere tutti i condomini in proporzione dei rispettivi millesimi di partecipazione alla proprietà comune; fra tali elementi rientrano pertanto i frontalini, le piantane e le fasce marcapiano. * Trib. civ. Milano, sez. VIII, 7 maggio 1992. Gli interventi riguardanti la parte dei balconi prospettante verso l’esterno (nella specie i frontalini) gravano sull’intera collettività dei condomini in quanto tali elementi costituiscono parte integrante della facciata. * Trib. civ. Milano, 14 ottobre 1991. La sostituzione del materiale e del tipo di balaustra (non più a scudo ma a fasce verticali) di un balcone non comporta una innovazione in senso proprio, ma una semplice manutenzione straordinaria. * Corte app. civ. Milano, 20 settembre 1991, n. 1316. La proprietà esclusiva delle terrazze e dei balconi si estende a tutte le opere necessarie al godimento e all’utilizzazione, quali la pavimentazione, la parte interna ed i davanzali dei parapetti, mentre invece sono di proprietà condominiale la parte esterna dei parapetti, la fascia di coronamento (cornicione o marcapiano) e quella di rivestimento dei bordi aggettanti (frontalini) con relativi intradossi. * Corte app. civ. Salerno, 16 marzo 1992, n. 97. Con riguardo al rivestimento del fronte della soletta dei balconi di un edificio in condominio, la loro natura di beni comuni in quanto destinati all’uso comune a norma del terzo comma dell’art. 1117 c.c. ovvero pertinenze ad ornamento dell’appartamento di proprietà esclusiva, ove i balconi sono siti, va accertata in base al criterio della loro precipua e prevalente funzione in rapporto all’appartamento di proprietà esclusiva e alla struttura e caratteristica dell’intero edificio. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione del merito, in cui si era riconosciuta la natura di parti comuni ai suddetti manufatti, frontalini di marmo, con riguardo alla esclusa loro funzione protettiva od ornamentale dei balconi ed alla rilevata efficacia decorativa dell’intero edificio nonchè all’utilizzazione come gocciolatoi). * Cass. civ., sez. II, 3 agosto 1990, n. 7831, Lattanzio c. Cond. Miram. Arm. e) Fioriere La collocazione di vasi di geranei su dei sottovasi ed all’interno di fioriere saldamente ancorate alla ringhiera dei balconi non contrasta n‚ con la disposizione di cui all’art. 844 c.c. n‚ con la norma regolamentare che vieti la collocazione di vasi di piante su parapetti, ove gli stessi non siano fissi e creino problemi di stillicidio. * Trib. civ. Bologna, sez. V, 1 marzo 1993, n. 245, Billi c. Cavazza. f) Proprietà I balconi sono elementi accidentali e non portanti della struttura del fabbricato, non costituiscono parti comuni dell’edificio e appartengono ai proprietari delle unità immobiliari corrispondenti, che sono gli unici responsabili dei danni cagionati dalla caduta di frammenti di intonaco o muratura, che si siano da essi staccati, mentre i fregi ornamentali e gli elementi decorativi, che ad essi ineriscano (quali i rivestimenti della fronte o della parte sottostante della soletta, i frontalini e i pilastrini), sono condominiali, se adempiono prevalentemente alla funzione ornamentale dell’intero edificio e non solamente al decoro delle porzioni immobiliari ad essi corrispondenti, con la conseguenza che è onere di chi vi ha interesse (il proprietario del balcone, da cui si sono distaccati i frammenti, citato per il risarcimento), al fine di esimersi da responsabilità, provare che il danno fu causato dal distacco di elementi decorativi, che per la loro funzione ornamentale dell’intero edificio appartenevano alle parti comuni di esso. * Cass. civ., sez. II, 7 settembre 1996, n. 8159, Cima c. Mastrantonio. I balconi di un edificio condominiale non rientrano tra le parti comuni, ai sensi dell’art. 1117 c.c., non essendo necessari per l’esistenza del fabbricato, n‚ essendo destinati all’uso o al servizio di esso. Tuttavia il rivestimento del parapetto e della soletta possono essere beni comuni se svolgono una prevalente funzione estetica per l’edificio, divenendo così elementi decorativi ed ornamentali essenziali della facciata. * Cass. civ., sez. II, 21 gennaio 2000, n. 637, Correra c. Cond. Largo Ferrantina a Chiaia, 1, Napoli. I balconi di cui sono dotate le scale di un edificio condominiale, che sono accessibili unicamente da queste ed hanno una funzione architettonica, lucifera e di aerazione, costituiscono parte organica ed integrante dell’intero fabbricato e debbono, pertanto, presumersi di proprietà comune, ai sensi dell’art. 1117 cod. civ. * Cass. civ., sez. II, 13 dicembre 1979, n. 6502, Davoli c. Rotta. I balconi, essendo elementi accidentali rispetto alla struttura del fabbricato e non avendo funzione portante (assolta da pilastri ed architravi), non costituiscono parti comuni dell’edificio (ai sensi dell’art. 1117 c.c.), anche se inseriti nella facciata, in quanto formano parte integrante dell’appartamento che vi ha accesso come prolungamento del piano. Conseguentemente la domanda di demolizione dei medesimi va proposta nei confronti dei condomini proprietari degli appartamenti ai quali sono annessi i balconi, sicché il contraddittorio può considerarsi integro anche se non sono stati chiamati in giudizio il condominio ovvero tutti gli altri condomini dell’edificio. * Cass. civ., sez. II, 23 giugno 1995, n. 7148, La Ferlita c. Catania. In un edificio condominiale, a differenza del solaio divisorio di due piani, che funziona da sostegno del piano soprastante e da copertura di quello sottostante, l’aggetto costituito da un balcone (o terrazzo) appartiene esclusivamente al proprietario dell’unità immobiliare corrispondente, il quale, pertanto, è esclusivo responsabile del danno cagionato a terzi da un pezzo di muratura staccatosi dal balcone. * Cass. civ., sez. III, 10 settembre 1986, n. 5541, Amoruso c. De Bellis. Conforme, alla prima parte della massima, Cass. civ., sez. II, 30 luglio 1981, n. 4861. g) Soletta o piattaforma La presunzione assoluta di comunione, ex art. 1125 cod. civ., del solaio divisorio di due piani di edificio condominiale tra i proprietari dei medesimi si estende anche alla piattaforma o soletta dei balconi, la quale, avendo gli stessi caratteri, per struttura e funzione, del solaio, di cui costituisce prolungamento, Š attratta nel regime giuridico dello stesso. Consegue che per tale piattaforma o soletta si configura un compossesso degli indicati proprietari, che si attua con l’uso esclusivo delle rispettive facce della stessa, esercitato da quello del piano superiore anche e soprattutto in termini di calpestio ed estrinsecantesi, per quello del piano inferiore, oltre che nella fruizione del commodum proveniente dalla copertura, nell’acquisizione di ogni ulteriore attingibile utilità cui non ostino ragioni di statica o di estetica, e comporta a loro rispettivo carico la manutenzione e la ricostruzione. Pertanto, qualora il proprietario del piano inferiore alleghi la esistenza di fatti, come infiltrazioni di acqua o altro, che abbiano danneggiato la faccia inferiore del balcone, sussiste la sua legittimazione a pretendere il risarcimento dal proprietario del piano superiore. * Cass. civ., sez. II, 16 gennaio 1987, n. 283, Rocco c. Forni. La presunzione assoluta di comunione (ex art. 1125 cod. civ.) del solaio divisorio di due piani di edificio condominiale tra i proprietari dei medesimi vale pure per la piattaforma o soletta del balcone dell’appartamento del piano superiore, la quale, avendo gli stessi caratteri, per struttura e funzione (separazione in senso verticale, sostegno, copertura), del solaio, di cui costituisce prolungamento, è attratta nel regime giuridico dello stesso. Consegue che per tale piattaforma o soletta si configura un compossesso degli indicati proprietari, esercitato dal proprietario del piano superiore anche e soprattutto in termini di calpestio ed estrinsecantesi per l’altro proprietario, oltre che nella funzione del commodum proveniente dalla copertura, nell’acquisizione di ogni ulteriore attingibile utilità, cui non ostino ragioni di statica e di estetica, sicché‚ quest’ultimo può ancorare a detta soletta le strutture di chiusura necessarie per la realizzazione di una veranda ed altresì utilizzarne la faccia inferiore (prolungamento del proprio soffitto) per installarvi apparecchi d’illuminazione, per farvi vegetare piante rampicanti, ecc. * Cass. civ., sez. II, 14 luglio 1983, n. 4821, Falcone c. Caldareri. La presunzione assoluta di comunione ex art. 1125 c.c. si estende alla parte ferma o soletta dei balconi. Pertanto, l’aggancio di tendaggi alla soletta è legittimo a norma dell’art. 1102 c.c., non alterando la destinazione del bene comune e non impedendo agli altri partecipanti alla comunione di farne pari uso secondo il loro diritto. * Trib. civ. Napoli, sez. III, 11 aprile 1994, n. 3348. In riferimento al rivestimento della fronte della soletta dei balconi di un edificio in condominio, la loro natura di beni comuni in quanto destinati all’uso comune ovvero pertinenze a ornamento dell’appartamento di proprietà esclusiva, ove i balconi sono siti, va accertata in base al criterio della loro precipua e prevalente funzione in rapporto all’appartamento di proprietà esclusiva e alla struttura e caratteristica dell’intero edificio (nella specie, la Corte ha riconosciuto la prevalente natura condominiale degli sporti dei balconi in considerazione della loro forma, valenza architettonica, integrazione cromatica nella struttura dell’immobile e, soprattutto, dell’omogeneizzazione degli stessi nella linea del disegno dell’intero palazzo, anche considerando che non tutte le unità immobiliari dell’edificio erano fornite di balcone). * Corte app. civ. Roma, 12 giugno 1997, n. 2047, Sebastianelli c. Cond. di Viale Ungheria. h) Spese In tema di ripartizione delle spese di manutenzione dei balconi di un edificio, per stabilire se le stesse devono essere sostenute esclusivamente dai proprietari dei piani in cui detti balconi si aprono o essere ripartite tra tutti i condomini, deve essere accertato se le opere di manutenzione concernono parti costituenti proiezioni della proprietà individuale o, invece, elementi che, per la loro attinenza alla facciata, devono essere considerati parti comuni dell’edificio ex art. 1117 cod. civ. Alla luce dell’individuato criterio rientrano tra le prime quelle dirette a preservare e consentire l’utilizzazione della superficie praticabile del balcone, quali gli interventi di manutenzione della pavimentazione del piano di calpestio, tra le seconde quelle concernenti elementi del balcone – tra i quali i pilastrini e i sottobalconi – che, prospettando all’esterno dell’edificio, ineriscono alla facciata, concorrendo insieme a questa a conferire allo stabile, attraverso l’armonia ed unità di linee e di stile, quel decoro architettonico che costituisce bene comune dell’edificio. * Trib. civ. Napoli, sez. X, 24 febbraio 1988, n. 1791, Saggese c. Condominio di via del Parco Margherita 24, Napoli. In tema di condominio degli edifici, le spese occorrenti per il ripristino dei rivestimenti esterni dei muretti di recinzione delle terrazze a livello e delle balconate di proprietà esclusiva, afferendo ad elementi che costituiscono parte integrante della facciata – oggetto di proprietà comune – e che si inquadrano nell’aspetto estetico dell’edificio, sono a carico di tutti i condomini e non soltanto dei proprietari esclusivi delle singole terrazze. * Cass. civ., sez. II, 18 marzo 1989, n. 1361, Cimmino c. Nadalet e altro. Le spese concernenti gli elementi del balcone che prospettano all’esterno dell’edificio condominiale gravano sempre e comunque sul condominio, in quanto tali elementi (frontalini, balaustre, ecc.) ineriscono alla facciata e concorrono a conferire all’immobile, attraverso l’armonia e l’unità di linee e di stile, quel decoro architettonico che costituisce bene comune, economicamente valutabile e – come tale – autonomamente tutelato ex art. 1120 c.c. * Trib. civ. Napoli, 27 ottobre 1993, Gallo c. Condominio di via Manzoni n. 120 di Napoli. Le spese relative ad interventi sui balconi e sulle parti a vista delle terrazze di un edificio condominiale vanno ripartite in proporzione ai millesimi di proprietà generale. * Trib. civ. Roma, sez. II, 7 ottobre 1985, n. 12483, Cimarelli e altri c. Condominio di via Giacomo Corradi, n. 3, Roma. La tinteggiatura dei sottobalconi non può qualificarsi come intervento su parti individuali dell’edificio condominiale; pertanto è legittimo l’addebito della spesa relativa all’intera collettività dei condomini. * Trib. civ. Milano, sez. VIII, 14 settembre 1992, Barone e altri c. Condominio di Via Zoia 5 di Milano. In materia di riparazione di balconi negli edifici condominiali, le relative spese sono in parte a carico del proprietario dell’appartamento di cui costituiscono accessorio, in quanto consentono il calpestio e l’affaccio; ed in parte a carico dei condomini, in quanto costituiscono elementi della facciata dell’edificio, di cui concorrono a formare struttura e decoro. * Trib. civ. Napoli, 18 dicembre 1991, in Nuovo dir. 1992, 348. E’ nulla la delibera con la quale l’assemblea condominiale abbia ripartito le spese inerenti ai lavori di manutenzione straordinaria dei balconi, per la loro interezza, tra i soli proprietari dei piani in cui si trovano i balconi medesimi che, contribuendo a determinare l’aspetto estetico-formale della facciata, attengono per ciò stesso al decoro architettonico dell’edificio e, quindi, ad un bene comune a tutti i condomini. * Trib. civ. Milano, 14 gennaio 1991. i) Sporti chiusi La presunzione di proprietà comune delle parti dell’edificio in condominio di cui all’art. 1117 c.c. (la cui elencazione non è tassativa) postula la destinazione delle cose al servizio dell’edificio, trattandosi di parti dell’immobile che ne costituiscono la struttura fondamentale o di accessori destinati all’uso comune. Ne deriva che gli sporti chiusi (analogamente ai balconi), essendo accidentali rispetto alla struttura del fabbricato e non avendo funzione portante (assolta da pilastri ed architravi), non costituiscono parti comuni, anche se inseriti nella facciata, in quanto formano parte integrante dell’appartamento che vi ha accesso come un prolungamento del piano. * Cass. civ., sez. II, 29 ottobre 1992, n. 11775, Cond. Zanardelli c. Mkjaternini. l) Stendimento panni Lo stendimento dei panni su di un balcone condominiale, consistendo non in un’opera materiale ma in una attività comportamentale a carattere necessariamente saltuario, non può essere assunto come elemento di deturpamento del decoro architettonico, per il quale si richiede appunto il compimento di opere materiali idonee a modificare stabilmente le linee strutturali del fabbricato. * Pret. civ. Pisa, 3 maggio 1993, n. 140. m) Tende Le norme sulle distanze legali sono applicabili nei rapporti reciproci fra condomini, in relazione alle parti immobiliari di proprietà esclusiva, qualora uno di essi, utilizzando una parte comune a vantaggio della sua proprietà, sia pure nei limiti di cui all’art. 1102 cod. civ., incorra nella violazione dei diritti di un altro condomino. N‚ al riguardo sono configurabili temperamenti, alla stregua di una valutazione di compatibilità delle norme suindicate con gli interessi da considerare nei rapporti condominiali, allorchè trattasi di utilizzazione implicante la violazione di una norma del regolamento condominiale predisposto dall’originario unico proprietario e recepito nei singoli atti di acquisto. (Nella specie, in base al surriportato principio, il Supremo Collegio ha ritenuto corretta la decisione dei giudici del merito con la quale, in accoglimento della domanda di un condomino, altri condomini erano stati condannati a rimuovere una struttura metallica a sostegno di una tenda, realizzata su di un balcone di loro proprietà esclusiva a distanza inferiore a quella prescritta dall’art. 907 cod. civ. dal balcone soprastante dell’attore ed in violazione di una norma del regolamento condominiale, vietante ogni modificazione dei balconi). * Cass. civ., sez. II, 27 aprile 1981, n. 2531, Giordano c. Politi. Nell’ambito di un unico immobile condominiale le norme che regolano i rapporti di vicinato trovano applicazione solo in quanto compatibili con la struttura dell’edificio e con le caratteristiche dello stato dei luoghi. Pertanto, qualora esse siano invocate in una controversia tra condomini, spetta al giudice del merito valutare se, nel singolo caso, dette norme debbano essere osservate o meno, in considerazione dell’esigenza di contemperare i diversi interessi di più proprietari conviventi in un unico edificio, al fine dell’ordinato svolgimento di tale convivenza, propria dei rapporti condominiali. (Nella specie la Corte di cassazione, applicando tale principio, ha rigettato il ricorso avverso la pronuncia del giudice di merito che aveva ritenuto legittima la tettoia in lamiera di una tenda parasole (quest’ultima conforme al tipo e colore previsti dal regolamento condominiale) installata da un condomino, ritenendola necessaria – nel caso concreto – per la tutela della sua privacy e per il riparo dagli agenti atmosferici, nonostante fosse di dimensioni maggiori rispetto a quella di analoghi manufatti di altri condomini, provocasse fastidiosi riverberi di luce a causa della copertura metallica, e comprimesse l’esercizio del diritto di veduta in appiombo del condomino dell’appartamento sovrastante). * Cass. civ., sez. II, 30 marzo 2000, n. 3891, Frunzo c. Piaggi. Nel divieto, contenuto in una norma di un regolamento condominiale, di applicare a finestre e balconi tende esterne diverse per tipo e per colore da quelle adottate dal condominio e di esporre qualsiasi targa, insegna o altro… sulle facciate, sui balconi, nei vani delle finestre nonchè sui vetri delle finestre stesse, si deve ricomprendere anche la collocazione – da parte di un condomino – di doppi infissi che non si limitino a rinforzare gli infissi precedenti, ma intercludano spazi dei balconi, prima aperti, creando un effetto di tuttopieno laddove in precedenza esisteva un’alternanza fra pieni e vuoti. * Corte app. civ. Milano, sez. I, 19 novembre 1993, n. 2392, Azzola ed altri c. Chiodaroli e altri. I condomini possono far uso delle parti comuni per le utilità accessorie inerenti al godimento della propria proprietà esclusiva, anche nelle parti corrispondenti ai piani degli altri proprietari, quando tale utilizzazione non viene ad alterare la naturale funzione di sostegno dei muri medesimi; di conseguenza, è ammissibile l’installazione di tende da attaccarsi alla base del balcone del piano superiore, con la sola limitazione che le stesse devono essere conformi al tipo approvato dall’assemblea. (Nella specie, alcuni condomini avevano lamentato che l’installazione di detti tendaggi poteva comportare una limitazione della loro veduta e una mancanza di sicurezza personale, affermazioni comunque confutate dalle fotografie e dalla documentazione prodotte in atti). * Corte app. civ. Milano, sez. I, 31 maggio 1988, n. 1824, Gagliardoni e Personeni c. Condominio di via Bassini, n. 17/2-19, Milano. Una delibera assembleare che indichi tassativamente le caratteristiche estetiche delle tende da sole apponibili dai singoli condomini è lecita e vincolante anche per chi non ebbe a parteciparvi. * Trib. civ. Monza, 16 novembre 1990. L’installazione di una tenda su di un balcone di un edificio condominiale non incide sul decoro architettonico del fabbricato qualora la stessa fuoriesca solo minimamente dal limite del parapetto e presenti le stesse caratteristiche di modello e di colorazione di tutte le altre installate sulle facciate condominiali. * Pret. civ. Pisa, 3 maggio 1993, n. 140, in Arch. loc. e cond. 1994, 385. n) Veranda I balconi di un edificio condominiale prospicienti sul cortile comune appartengono in via esclusiva, assieme alla colonna d’aria, soprastante a ciascuno di essi, ai proprietari dei singoli appartamenti ai quali accedono, in qualità di pertinenza. Ne consegue che ciascun condomino ha il diritto di trasformare in veranda il balcone di sua proprietà senza dover richiedere l’autorizzazione degli altri compartecipi imposta dal regolamento del condominio soltanto per le innovazioni delle parti comuni dell’edificio. * Cass. civ., sez. II, 7 luglio 1976, n. 2543. I poteri dell’assemblea condominiale concernono la disciplina dell’uso delle cose comuni, senza mai invadere la sfera delle proprietà individuali, salvo le limitazioni accettate convenzionalmente dai singoli condomini, i quali, conseguentemente, eccettuate queste limitazioni, non possono essere autorizzati dall’assemblea ad una utilizzazione più ampia di parti comuni, che si risolva in una violazione delle norme sui rapporti di vicinato, quale la realizzazione di una veranda su un terrazzo di proprietà esclusiva, senza il rispetto della distanza legale della veduta esercitata dal proprietario dell’appartamento sovrastante. * Cass. civ., sez. II, 21 ottobre 1980, n. 5652, Vignale c. Servetti. La trasformazione di un balcone o di un terrazzino circondato da muri perimetrali in veranda, mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica, non ha natura precaria n‚ costituisce intervento di manutenzione straordinaria o di restauro, ma è opera soggetta a concessione edilizia. * Cass. pen., sez. III, 27 marzo 2000, n. 3879 (ud. 13 gennaio 2000), Spaventi. Il proprietario di un appartamento sito in un edificio condominiale non può eseguire nella sua proprietà esclusiva opere che, in contrasto con quanto stabilito dalla norma dell’art. 1122 cod. civ., rechino danno alle parti comuni dell’edificio stesso, n‚, a maggior ragione, opere che, attraverso l’utilizzazione delle cose comuni, danneggino le parti di una unità immobiliare di proprietà esclusiva di un altro condomino. (Nella specie, in applicazione del surriportato principio la S.C. ha confermato la decisione di merito con cui si è ritenuto che al proprietario di un appartamento non sia consentito costruire sul suo balcone una veranda in appoggio al muro comune dell’edificio condominiale la quale raggiunga l’altezza del piano superiore diminuendo il godimento dell’aria e della luce al proprietario del piano contiguo). * Cass. civ., sez. II, 11 febbraio 1985, n. 1132, Dambruoso c. Spinelli. Per decoro architettonico del fabbricato, ai fini della tutela prevista dall’art. 1120, secondo comma, cod. civ., deve intendersi l’estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti dell’edificio, nonchè‚ all’edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di edificio di particolare pregio artistico. L’indagine volta a stabilire se, in concreto, un’innovazione (nella specie: veranda in ferro e vetro) determini o meno alterazione del decoro architettonico è demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità, se congruamente motivato. * Cass. civ., sez. II, 13 aprile 1981, n. 2189, Maisano c. Troiolo. Ciascun condomino ha il diritto di trasformare in veranda il balcone di sua proprietà (senza dover richiedere l’autorizzazione degli altri condomini), purchè la trasformazione non arrechi danno alle parti comuni dell’edificio ed, in particolare, non alteri il decoro architettonico dell’edificio e non arrechi pregiudizio agli altri condomini, ai quali deve essere comunque assicurato un pari uso del bene comune. * Trib. civ. Milano, 31 gennaio 1991. Nel caso in cui una norma contenuta in un regolamento condominiale preveda che qualsiasi modificazione al fabbricato, anche quando non se ne guasti l’estetica e la simmetria esteriore, deve essere autorizzata dall’amministrazione del condominio, il condomino che intenda costruire una veranda in struttura metallica e vetro sul proprio terrazzo prospiciente la facciata verso strada dello stabile condominiale, deve informarne preventivamente l’amministratore. * Corte app. civ. Milano, sez. I, 22 ottobre 1993, n. 2028, Cond. di via Redi n. 8 di Milano c. Vivaldi. Se un condomino agisce per la demolizione di un manufatto – nella specie veranda – realizzato su una striscia di terreno in comproprietà con il coniuge del convenuto, pur se in base all’assunto attore o soltanto questi è l’autore delle opere, il contraddittorio deve essere integrato nei confronti di entrambi i comproprietari e la relativa violazione è rilevabile anche per la prima volta in Cassazione, se emerge dagli atti e sul punto non si è formato il giudicato. * Cass. civ., sez. II, 13 giugno 1997, n. 5335, Lucarelli c. Minucci. Una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, una vera e propria costruzione assoggettata al requisito della concessione, poiché difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell’immobile. La definizione di tale sua natura non è da ritenersi modificata dalla disciplina normativa introdotta con la L. 28 febbraio 1985, n. 47, la quale anzi precisa, tra l’altro, che sono da giudicarsi opere in assenza di concessione anche quelle rivolte alla esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza o autonomamente utilizzabile. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, l’imputato aveva sostenuto che per la veranda, in quanto destinata alla protezione dagli agenti atmosferici, non fosse necessaria la concessione edilizia. La Suprema Corte ha invece affermato la necessità della concessione prospettando che la salvaguardia dalle intemperie si realizza con la semplice apposizione alle aperture dei cosiddetti doppi infissi in alluminio anodizzato, mentre la veranda non solo non rappresenta un’opera precaria, ma, realizzando anche la difesa dagli agenti atmosferici, pone in essere un rilevante aumento della volumetria abitativa, comunque utilizzabile, assicurando, infine, spazio e privacy al corpo immobiliare). * Cass. pen., sez. III, 19 maggio 1988, n. 6127 (ud. 6 aprile 1988), Rossi. Il proprietario o condomino il quale realizzi un manufatto in appoggio o in aderenza al muro in cui si apre una veduta diretta o obliqua esercitata da un sovrastante balcone, e lo elevi sino alla soglia del balcone stesso, non è soggetto, rispetto a questo, alle distanze prescritte dall’art. 907, comma terzo, c.c. nel caso in cui il manufatto sia contenuto nello spazio volumetrico delimitato dalla proiezione verticale verso il basso della soglia predetta, in modo da non limitare la veduta in avanti e a piombo del proprietario del piano di sopra. Infatti, tra le normali facoltà attribuite al titolare della veduta diretta od obliqua esercitata da un balcone Š compresa quella di inspicere e prospicere in avanti e a piombo, ma non di sogguardare verso l’interno della sottostante proprietà coperta dalla soglia del balcone, non potendo trovare tutela la pretesa di esercitare la veduta con modalità abnormi e puramente intrusive, ossia sporgendosi oltre misura dalla ringhiera o dal parapetto. * Cass. civ., sez. II, 2 ottobre 2000, n. 13012, Cannone Palumbo c. Lo Muscio Sibillano. La normativa introdotta per la prima volta dall’art. 7 del D.L. n. 88 del 1995 e successivamente reiterata ha espressamente abrogato gli artt. 7 e 8 della legge n. 94 del 1982, per cui è venuta meno la disciplina differenziata delle cosiddette pertinenze, se non ricomprese nelle categorie individuate nel nuovo regime o in quello predisposto dalle regioni in base alla lettera n) del settimo comma dell’art. 9 del D.L. n. 285 del 1996, che ha confermato la cosiddetta denuncia legittimante. (Fattispecie relativa ad una struttura intelaiata, simile ad una veranda a vetri, che non costituisce pertinenza, perchè non può essere considerata come un vano accessorio a servizio della costruzione principale, bensì un ampliamento ed un ambiente nuovo, nè opera precaria, poiché non è realizzata per motivi di carattere contingente e con caratteristiche oggettive ed intrinseca destinazione temporanea, non assumendo rilievo nè la cosiddetta facile rimovibilità nè la soggettiva destinazione data dal costruttore). * Cass. pen., sez. III, 18 luglio 1996, n. 2676 (c.c. 18 giugno 1996), Ciuffarella. La cosiddetta veranda si caratterizza come manufatto costruttivo, anche se privo di individualità propria, siccome destinato ad integrare il restante edificio, che determina comunque una modifica esterna del territorio, suscettibile di rilievo urbanistico. Ne consegue che la relativa superficie va calcolata al fine di stabilire la limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati quale requisito richiesto per l’applicazione dell’amnistia, ai sensi del D.P.R. n. 75 del 1990. (Fattispecie relativa ad una costruzione abusiva che impegnava una superficie pilastrata di mq 150, inclusa quella destinata a veranda; la Cassazione ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito, che aveva escluso l’applicazione dell’amnistia, osservando che le opere eseguite erano sufficienti a delimitare una porzione di volume di complessivi 860 mc ed a conseguire, compresa la veranda, una trasformazione urbanistica dello spazio, asservendolo, abusivamente, a fini edilizi). * Cass. pen., sez. V, 24 ottobre 1991, n. 10648 (ud. 14 settembre 1991), Antonuccio.