Direttore dei lavori risponde in via solidale, in base all’articolo 1669 del Codice civile, per l’assenza del certificato di prevenzione incendi, la presenza di vari fenomeni di infiltrazione, di macchie di colore sulle facciate, la violazione delle normative sulle barriere architettoniche. Questo il contenuto della sentenza del Tribunale di Milano n. 1630/2018, pubblicata il 15 febbraio 2018 (estensore Serena Nicotra).
In tema di difetti di immobili, la responsabilità regolata dall’art. 1669 c.c. ha natura extracontrattuale e, conseguentemente, nella stessa possono incorrere, a titolo di concorso con l’appaltatore che abbia costruito un fabbricato minato di gravi difetti di costruzione, tutti quei soggetti che, prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione della cosa, abbiano contribuito, per colpa professionale (il progettista e/o il direttore dei lavori) alla determinazione dell’evento dannoso, costituito dall’insorgenza dei vizi in questione.
In particolare, il direttore dei lavori esercita, in luogo del committente, quei medesimi poteri di controllo sull’attuazione dell’appalto che questi ritiene di non poter svolgere di persona: la connotazione precipuamente tecnica di tale obbligazione di sorveglianza lo obbliga a vigilare affinché l’opera sia eseguita in maniera conforme al progetto, al capitolato e alle regole della buona tecnica, ma non lo rende per ciò solo corresponsabile con l’appaltatore per i difetti dell’opera derivanti da vizi progettuali, salvo che egli sia stato espressamente incaricato dal committente di svolgere anche l’attività aggiuntiva rispetto a quella costituente l’oggetto della sua normale prestazione ovvero di verificare la fattibilità e l’esattezza tecnica del progetto.
La fattispecie consolidata nella giurisprudenza di legittimità (Cass sez. II civ. 9.11.2017 n. 26552, Casss sez. II 3.05.2016 n. 8700, Cass Sez. II 19.09.2016. 18285; Cass 11.10.2016 n. 20465) viene riconfermata anche dal Tribunale di Milano con la Sentenza n. 1630/2018 estensore Dottoressa Nicotra.
In particolare, nella fattispecie affrontata dal Tribunale di Milano, un condominio ha chiesto la condanna in via solidale dei convenuti, rispettivamente Società venditrice e costruttrice del fabbricato nonché della Società appaltatrice dei lavori di costruzioni e del progettista e direttore dei lavori di costruzione, al risarcimento dei danni derivanti dalla presenza di gravi difetti e di incompletezze nella costruzione da quantificarsi nella misura risultante dalla consulenza preventiva o nella diversa somma accertata in corso di causa.
In particolare il Condominio ha lamentato la mancanza del certificato di prevenzione incendi a seguito del mancato rispetto delle prescrizioni in tale materia, la presenza di vari fenomeni di infiltrazione, di macchie di colore sulle facciate, la violazione delle normative sulle barriere architettoniche e la mancanza di varie rifiniture nell’edificio.
Il condominio attore ha altresì dedotto che la presenza di tali vizi era stata confermata nella relazione redatta dal consulente tecnico d’ufficio nominato nel procedimento di consulenza preventiva che aveva quantificato anche i costi.
Si è costituita la società venditrice che preliminarmente ha eccepito l’improcedibilità dell’azione svolta dal Condominio per mancato esperimento del procedimento di mediazione ed inoltre la decadenza del Condominio dall’azione ex art. 1669 cod.civ. in considerazione della tardività della denuncia e la prescrizione dell’azione per il decorso del termine di cui al comma 2 del medesimo articolo; mentre nel merito la società venditrice ha eccepito la infondatezza della domanda in quanto i vizi denunciati non integravano gravi difetti di costruzione ai sensi dell’art. 1669 cod.civ.
In ogni caso la convenuta ha allegato l’assenza di propria responsabilità per i vizi riscontrati, non avendo partecipato in alcun modo alla costruzione dell’edificio né alla attività di progettazione e direzione lavori.
Si è costituita in giudizio anche la società appaltatrice dei lavori deducendo in primis la prescrizione dell’azione ex art. 1669 cod.civ. mentre nel merito ha contestato le risultanze della perizia di parte prodotte in punto di sussistenza e causa dei vizi ed ha allegato la non imputabilità della maggior parte dei fenomeni al suo operato in quanto attribuibili o a carenze progettuali o alla mancata esecuzione della necessaria attività di manutenzione da parte del condominio.
Si è costituto infine il direttore dei lavori che in via preliminare ha eccepito la decadenza e la prescrizione dell’azione ex art. 1669 cod.civ. svolta dal Condominio oltre ad eccepire la prescrizione dell’azione, rilevando che la maggior parte dei vizi non integravano gravi difetti costruttivi ex art. 1669 cod.civ., con conseguente applicazione dei più brevi termini di prescrizione di cui all’art. 1667 cod.civ.; infine ha dedotto l’assenza di propria responsabilità per i vizi contestati in quanto non ascrivibili né ad errori progettuali né ad inadeguata sorveglianza dei lavori ed in via riconvenzionale ha chiesto l’autorizzazione alla chiamata in causa della propria compagnia assicuratrice al fine di essere tenuta indenne – in forza del contratto di assicurazione stipulato dalle parti – dalle conseguenze dell’accoglimento della domanda attorea.
La terza chiamata ha eccepito la prescrizione del diritto alla garanzia ai sensi dell’art. 2952 comma 2 cod.civ., per il decorso del termine annuale ivi previsto, e nel merito il rigetto della domanda di garanzia deducendo l’inoperatività della polizza in quanto la copertura era prevista esclusivamente per quei difetti comportanti rovina totale delle opere o per rovina e difetti di parte delle opere destinate per propria natura a lunga durata e che compromettano in maniera certa ed attuale la stabilità dell’opera.
Il Tribunale di Milano ha ritenuto infondate le eccezioni di decadenza e di prescrizione svolta dai convenuti in quanto dalla documentazione prodotta è emerso che la prima denuncia dei vizi era stata effettuata nei confronti di tutti i convenuti e che a seguito del sopralluogo, la società appaltatrice aveva eseguito alcuni interventi volti all’eliminazione dei problemi relativi alle infiltrazioni, alla copertura ed ai problemi di ruggine segnalati, senza però risolvere gli altri problemi segnalati nella prima denuncia.
Quanto alla tempestività della denuncia, è stato ritenuto rispettato in via generale il termine di un anno per la proposizione dell’azione ex art. 1669 cod.civ. decorrente dalla scoperta del vizio che deve essere fatta risalire al momento in cui il danneggiato ha disposto di sufficienti elementi conoscitivi in relazione sia alla gravità dei difetti costruttivi, sia al collegamento causale tra i vizi e l’attività progettuale e costruttiva espletata (cfr. Cass.civ., 19 ottobre 2012 n.18078, Cass.civ., 12 luglio 2011 e Cass.civ.,II, 1 febbraio 2008 n.2460).
Nel caso in esame non vi sono stati elementi per ritenere che la conoscenza di tali vizi fosse antecedente all’invio della prima lettera del 2008 dal momento che la allegazione di RDR in ordine alla esistenza di una precedente lettera di denuncia del giugno 2007 è rimasta priva di qualsiasi riscontro documentale.
Nel corso del giudizio è stata anche espletata una consulenza tecnica al fine di meglio chiarire la natura dei vizi e la loro causa in cui sono stati evidenziati ben 16 problematiche qualificate come gravi vizi costruttivi di cui all’art. 1669 c.c. che il perito ha ritenuto emendabili con le opere indicate nella propria relazione indicando una propria stima dei costi; del resto, secondo la giurisprudenza di legittimità, il difetto di costruzione ricomprende anche alterazioni che non investono parti essenziali dell’immobile ma quegli elementi secondari o accessori funzionali all’impiego duraturo dell’opera e tali pertanto da incidere in modo considerevole sul godimento dell’immobile (Cass.civ., II 4 ottobre 2011 n.20307, Cass.civ., II, 19 febbraio 2007 n.3752).
Infine si è reputata applicabile la tutela di cui all’art. 1669 cod.civ. anche per le mancanze ed irregolarità riscontrate nelle opere necessarie al rilascio del certificato di prevenzione incendi oltre a risultare violate anche le prescrizioni previste dalla normativa statale in tema di accessibilità, ovvero dall’art. 8 del DM 236/89.
In relazione ai vizi rientranti nell’ambito della tutela ex art. 1669 cod.civ., sussiste la responsabilità dei convenuti: secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione, infatti, in caso di difetti di costruzione, rispondono a titolo di concorso con l’appaltatore tutti quei soggetti, quali il progettista ed il direttore dei lavori che, prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione della cosa, abbiano contribuito, per colpa professionale, alla determinazione dell’evento dannoso, costituito dall’insorgenza dei vizi in questione (Cass.II, 16 febbraio 2006 n.3406, Cass.civ. II, 21 maggio 2012 n.8016).
Con specifico riferimento al direttore dei lavori, in generale si rileva che, come ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, “l’attività del direttore dei lavori per conto del committente si concreta nell’alta sorveglianza delle opere, che, pur non richiedendo la presenza continua e giornaliera sul cantiere né il compimento di operazioni di natura elementare, comporta il controllo della realizzazione dell’opera nelle sua varie fasi e pertanto l’obbligo del professionista di verificare, attraverso periodiche visite e contatti diretti con gli organi tecnici dell’impresa, se sono state osservate le regole dell’arte e la corrispondenza dei materiali impiegati. L’adempimento di tali obbligazioni richiede quindi non solo la verifica della conformità della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, ma altresì impone l’adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza difetti costruttivi e, conseguentemente, l’esercizio del potere concreto di vigilanza e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore e di riferirne al committente” (Cass.civ,II, 24 aprile 2008 n.10728; Cass.civ., II, 27 febbraio 2006 n.4366).
Nel caso in esame è stato condiviso il giudizio del CTU in ordine alla derivazione da carenze progettuali dei problemi relativi all’omesso rilascio del CPI, della stabilità dei parapetti dei balconi ed alla violazione della normativa sulle barriere architettoniche; per quanto ha riguardato poi i fenomeni di infiltrazione e degrado delle murature, i difetti nella realizzazione dell’innesto dei pluviali, i problemi dell’inadeguata pendenza della pavimentazione e delle infiltrazioni nelle scale di accesso, se è vero che tali vizi derivavano da una non corretta esecuzione delle opere da parte dell’appaltatore, è pur vero che è ravvisabile una concorrente condotta colposa del direttore lavori.
In particolare si è ritenuto che abbia contribuito al manifestarsi di tali problemi l’assenza di adeguata attività di controllo su tali aspetti nella fase di direzione dei lavori che non ha affatto consentito il rilievo delle inadeguatezze e carenze nelle opere di impermeabilizzazione e di realizzazione della rete di smaltimento delle acque, la segnalazione agli esecutori ed al committente e la indicazione di quegli accorgimenti volti ad evitare il manifestarsi dei problemi successivamente riscontrati; al riguardo il direttore lavori, pur non essendo tenuto ad esercitare il controllo mediante la presenza continua e quotidiana sul cantiere, avrebbe dovuto tuttavia vigilare con particolare attenzione nella fase di esecuzione di tali opere, data l’importanza delle stesse ai fini del buon risultato dell’opera ed al fine di garantire l’adozione di tutte le cautele necessarie ad evitare la futura insorgenza di infiltrazioni.
Con riferimento al quantum debeatur, si è ritenuta corretta e condivisibile la stima dei costi degli interventi di ripristino eseguita dal CTU, in quanto fondata su criteri tecnici esenti da censure e congruamente motivata, avendo esplicitato il consulente le ragioni della valutazione dei vari interventi, avendo replicato puntualmente alle osservazioni del consulente del condominio e delle altre parti ed avendo indicato i motivi che hanno portato ad individuare le opere di ripristino indicate.
Quanto, invece, alla terza chiamata, è stata rilevata preliminarmente l’infondatezza dell’eccezione di prescrizione essendo pacifica l’applicabilità alla fattispecie del termine di prescrizione biennale previsto dall’art. 2952 cod.civ. prima della modifica intervenuta con la L. 166/2008: tale normativa, infatti, non avendo effetto retroattivo, non può trovare applicazione nei casi in cui il decorso del termine della prescrizione sarebbe già maturato prima della entrata in vigore della riforma.
Venendo al merito, nella clausola delle condizioni aggiuntive si prevedeva l’estensione dell’assicurazione a danni materiali e diretti causati alle opere oggetto di progettazione, direzione lavori e collaudo e a quelle sulle quali si eseguono i relativi lavori di costruzione da rovina totale delle opere o da rovina e gravi difetti di parte delle opere destinate per propria natura a lunga durata che compromettano in maniera certa ed attuale la stabilità dell’opera ma nell’ambito delle condizioni generali non si è rinvenuta una definizione convenzionale delle opere destinate a lunga durata; ciò posto sono stati ritenuti riconducibili all’ambito di operatività della garanzia assicurativa i difetti riscontrati relativi alla umidità ed alle infiltrazioni nelle murature del piano box, alla inadeguata protezione ed impermeabilizzazione delle scale esterne ed alla realizzazione dei parapetti.
Nei primi due casi la gravità dei difetti e il giudizio in merito alla idoneità di essi a pregiudicare la stabilità dell’opera è stato desunto da quanto in precedenza rilevato, ovvero dalla diffusione dei fenomeni, dal riscontrato stato di degrado delle murature e delle scale, dalle cause dei fenomeni, derivanti da mancanza ed inadeguatezza delle opere di impermeabilizzazione, sul punto richiamando quanto osservato dal CTU sullo stato di fatiscenza delle murature del piano interrato e delle scale esterne, stato ritenuto per l’appunto incompatibile con qualsiasi criterio di durabilità cui si deve conformare un’opera edile destinata a lunga durata; con riferimento alla terza ipotesi, infine, i criteri di progettazione e realizzazione dei parapetti non sono stati ritenuti rispondenti alle normative in tema di sicurezza e, come tali, non consentono di ritenere garantita la stabilità di tale parte dell’opera; di conseguenza, sulla base delle sopra esaminate motivazioni, il Tribunale, accertata la responsabilità ex art. 1669 cod.civ. dei convenuti, li ha condannati in solido al pagamento in favore del Condominio della somma stabilità dal CTU oltre a rivalutazione, nonché alle spese legali e di CTU e CTP ed ha condannato la compagnia assicuratrice a tenere indenne dal pagamento il direttore dei lavori per quanto di sua spettanza.