L’ascensore può ormai ritenersi a pieno titolo un elemento necessario per l’abitabilità di un appartamento, oltre che un’innovazione diretta all’eliminazione delle barriere architettoniche, dunque la sua installazione può avvenire anche in deroga alla normativa sulle distanze minime, l’ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza 14096/2012 tuttavia l’istallazione non può derogare all’art.1120 c.c. secondo comma e art.1121 terzo comma.
L’istallazione dell’ascensore in fabbricati già esistenti, deve essere necessariamente contemperato e armonizzato con i limiti previsti dagli articoli 1120 c.c. (innovazioni) e 1121 c.c. (innovazioni gravose o voluttuarie).
I giudici di legittimità relativamente all’art. 1120 c.c. hanno statuito che costituisce innovazione qualsiasi opera nuova che alteri in tutto o in parte, nella materia o nella forma, ovvero nella destinazione di fatto o di diritto la cosa comune (Cass. 2746/89); non costituiscono innovazioni le modificazioni delle cose comuni, dirette a potenziare o a rendere più comodo il godimento della medesima, che però ne lascino immutata la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare l’equilibrio tra gli interessi concorrenti dei condomini (Cass. 11936/99 e 15460/2002).
In tema di innovazioni gravose o voluttuarie, l’orientamento prevalente della Cassazione è nel senso di ritenere che l’art. 1121 riconosce ai condomini dissenzienti (e ai loro eredi o aventi causa), il diritto potestativo di partecipare successivamente ai vantaggi dell’innovazione stessa, contribuendo pro quota nelle spese di esecuzione e manutenzione dell’opera, ragguagliate al valore attuale della moneta, onde evitare arricchimenti in danno dei condomini che hanno assunto l’iniziativa dell’opera stessa (Cass. civ. 3264/2005 e 5975/04).
Da ultimo la Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 29 novembre 2016, n. 24235 ha stabilito che in tema di deliberazioni condominiali, l’installazione dell’ascensore, rientrando fra le opere dirette a eliminare le barriere architettoniche di cui alla L. n. 118 del 1971, articolo 27, comma 1, e al Decreto del Presidente della Repubblica n. 384/1978, articolo 1, comma 1, costituisce innovazione che, ai sensi della L. n. 13/1989, articolo 2 è approvata dall’assemblea con la maggioranza prescritta rispettivamente dall’articolo 1136 c.c., commi 2 e 3; tutto ciò ferma rimanendo la previsione della citata L. n. 13/1989, articolo 2, comma 3, che fa salvo il disposto dell’articolo 1120 c.c., comma 2 e articolo 1121 c.c., comma 3 (Cass. n. 14384/04). La condizione d’inservibilità del bene comune all’uso o al godimento anche di un solo condomino, che, ai sensi dell’articolo 1120 c.c., comma 2, rende illegittima e quindi vietata l’innovazione deliberata dagli altri condomini, è riscontrabile anche nel caso in cui l’innovazione produca una sensibile menomazione dell’utilità che il condomino precedentemente ricavava dal bene (cfr. Cass. n. 20639/05, che in applicazione di tale principio ha ritenuto illegittima una delibera condominiale che, nel restringere il vialetto di accesso ai garage, rendeva disagevole il transito delle autovetture).
Dunque, le innovazioni dirette a eliminare barriere architettoniche, come appunto quelle che dispongano l’installazione di un ascensore, non derogano all’articolo 1120 c.c., comma 2 (vecchio testo), ma solo alla maggioranza che diversamente è prescritta dall’articolo 1136 c.c., comma 5, richiamato dall’articolo 1120 c.c., comma 1. E di tali principi la giurisprudenza ha fatto applicazione, segnatamente, anche nell’ipotesi dell’installazione di un ascensore (Cass. n. 12930/12), ancorché volto a favorire le esigenze di condomini portatori di handicap, ove detta innovazione sia lesiva dei diritti di altro condomino sulla porzione di sua proprietà esclusiva, indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilità compensative (Cass. n. 6109/94), e ove l’installazione renda talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino (Cass. n. 28920/11).
La vicenda traeva inizio da un’assemblea con cui il condominio deliberava l’installazione di un ascensore all’interno dell’androne delle scale. Assumendosi proprietari esclusivi di un’area retrostante e dei box auto ivi esistenti, e lamentando che la realizzazione dell’ascensore avrebbe impedito loro l’accesso all’area anzi detta e ai box, alcuni condomini, comproprietari di unità singole al piano terra dell’edificio, impugnavano detta delibera innanzi al Tribunale di Taranto.
Nel resistere in giudizio il condominio eccepiva la prescrizione della servitù di passo carraio, eccezione che l’adito Tribunale di Taranto accoglieva rigettando così la domanda.
L’impugnazione proposta avverso detta sentenza era respinta dalla Corte d’appello di Lecce. Veniva quindi impugnata la sentenza della Corte di appello avanti la Cassazione.
Sosteneva la parte ricorrente che l’innovazione in oggetto violava l’articolo 1120 c.c., comma 2, perché lo spazio di mq. 1,12 lasciato libero per il passaggio menomava gravemente il godimento della stessa area comune e degli immobili di proprietà. Ciò si desumeva dal fatto che tale misura era inferiore a quella minima di m. 1,20 fissata dal Decreto Ministeriale n. 236/1989, articolo 4.1.10, relativamente al superamento delle barriere architettoniche, per la lunghezza delle rampe di scale, e impediva il passaggio contemporaneo di due persone e quello di una barella con un’inclinazione massima del 15% lungo l’asse longitudinale. La Cassazione riteneva detto motivo di eccezione fondato.
La condizione d’inservibilità del bene comune all’uso o al godimento anche di un solo condomino, che, ai sensi dell’articolo 1120 c.c., comma 2, rende illegittima e quindi vietata l’innovazione deliberata dagli altri condomini, è riscontrabile anche nel caso in cui l’innovazione produca una sensibile menomazione dell’utilità che il condomino precedentemente ricavava dal bene.
La sentenza, pur occupandosi delle innovazioni in materia di condominio durante la vigenza del precedente art. 1120 c.c. che, come visto, richiedeva la maggioranza qualificata per la validità delle deliberazioni concernenti le innovazioni, nondimeno risulta utilizzabile anche con l’attuale contesto normativo, stante l’immanenza del divieto delle innovazioni che rendono talune parti comuni inservibili all’uso o al godimento di un solo condomino.
Ciò posto, infatti, è stata ritenuta illegittima l’installazione di un ascensore all’interno dell’androne delle scale che impedisce l’accesso all’area comune e ai box di proprietà ovvero che comporta una sensibile menomazione dell’utilità che i singoli condòmini ricavano dal bene.
La suprema Corte ha comunque affermato che «anche nell’ipotesi dell’installazione di un ascensore (Cass. n. 12930/12), ancorché volto a favorire le esigenze di condomini portatori di handicap, ove detta innovazione sia lesiva dei diritti di altro condomino sulla porzione di sua proprietà esclusiva, indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilità compensative (Cass. n. 6109/94), e ove l’installazione renda talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino (Cass. n. 28920/11)», l’innovazione è da ritenersi illegittima stante la violazione del V comma dell’art. 1120 Codice civile.