Il Condominio, quale custode ex art. 2051 c.c., risponde dei danni derivati al singolo condomino o a terzi per difetto di manutenzione del bene comune, ad esempio a lastrico solare, facciata esterna, scale condominiali, ascensore, suolo, muri maestri, tetti, scale, portoni d’ingresso, ecc.

Sul punto la giurisprudenza di merito, in tema a titolo esemplificativo di danni da infiltrazione al lastrico solare, afferma che: “in ordine al danno all’immobile di proprietà derivante dalle infiltrazioni d’acqua piovana subite dall’appartamento per la cattiva impermeabilizzazione del lastrico solare soprastante il Condominio, in quanto custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno, e risponde in base all’art. 2051, c.c., dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorché gli stessi siano imputabili a vizi edificatori dello stabile (Trib. di Catanzaro, sentenza del 13.01.2011).

Conformemente, il Tribunale di Napoli (sentenza del 28 gennaio 2016) ha condannato il Condominio ex art. 2051 c.c. a risarcire i danni arrecati dalla cattiva manutenzione della facciata esterna dell’edificio. Il cattivo stato di conservazione della parete, infatti, determinava infiltrazioni e immissioni d’acqua nell’unità abitativa del singolo condomino, danneggiando le pareti del soggiorno, del ripostiglio, del corridoio, della camera da letto e dello studio.

Quando si tratta di beni condominiali, la disposizione di riferimento è l’art. 2051 c.c.

Il presupposto della responsabilità da cose in custodia consiste nel dovere di custodia che incombe sul soggetto (proprietario, usufruttuario, enfiteuta, conduttore) che, a qualsiasi titolo, ha un effettivo e non sporadico potere fisico sulla cosa e, dunque, un conseguente obbligo di vigilare affinché la stessa cosa non produca danni a terzi.

Ai sensi dell’art. 2051 c.c., pertanto, il Condominio è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino danni a terzi o anche alle proprietà esclusive di uno o più condomini.

In particolare, la Cassazione afferma che l’Amministratore, rappresentante del Condominio, ha il dovere di sorvegliare sull’uso delle cose e dei servizi comuni, con la diligenza del buon padre di famiglia. Ha altresì la custodia delle parti e degli impianti comuni e, quindi, è obbligato ad adottare tutte le misure idonee ad evitare che le cose comuni arrechino pregiudizio a terzi o ai singoli condomini (Cass. civ. sent. n. 5326/2005).

Quanto all’onere della prova la Cassazione (ordinanza del 16 aprile 2012 n. 5977) ha ribadito che la norma di cui all’art. 2051 c.c. individua un’ipotesi di responsabilità oggettiva, essendo sufficiente la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo.

Pertanto, non rileva se vi è stata o meno la violazione dell’obbligo di custodire la cosa da parte del custode. La responsabilità sussiste comunque salvo il caso fortuito. Incombe, però, su chi chiede l’accertamento del danno la prova del nesso eziologico tra la cosa e l’evento lesivo: per escludere la sua responsabilità, il condominio può provare che il danno sia stato causato da un fattore esterno. Tale elemento può consistere nel fatto di un terzo(ad es.: materiale abbandonato sul posto da terzi), nella cd. “forza maggiore”(ad es.: un evento atmosferico di eccezionale gravità), o nel comportamento dello stesso danneggiato.

Laddove l’evento dannoso sia prevedibile viene meno il diritto al risarcimento del danno. Anche la Corte di Cassazione, chiamata a giudicare un caso di caduta da una scalinata ove era presente un gradino danneggiato, ha escluso la responsabilità del condominio sul presupposto della “agevole evitabilità, in ora diurna, dell’ostacolo in quanto ‘situazione perfettamente visibile’, con la conseguenza che, sia pur riconosciuta la presenza di un gradino lesionato, la verificazione del sinistro era da ascrivere alla disattenzione del danneggiato, quale comportamento riconducibile al caso fortuito” (Cass. Civ. sent. n. 2662/2013).